martedì 24 dicembre 2019

NON E' MAI TROPPO TARDI PER RINASCERE

Non è mai troppo tardi per rinascere, soprattutto quando si vive il tramonto. 
E utilizzo il termine tramonto riferendomi ai suoi innumerevoli significati: tramonto inteso come completamento di una parte di vita, di un progetto o di un percorso, tramonto come scollinamento anagrafico, tramonto come mancanza di visibilità e di speranza nel futuro, tramonto come deliberata scelta verso la passività in una realtà di latta, disumana...
Non è mai troppo tardi per rinascere, soprattutto quando si vive il tramonto.
Il cuore lo sa, ma la mente fa fatica di fronte a questa affermazione e ci soffoca di dubbi con la giustificazione inconsapevole più ignobile: "Sopravvivi e stai tranquillo perchè non ne vale la pena".
Non è mai troppo tardi per rinascere, soprattutto quando si vive il tramonto.
Quando ci si abitua ad una normalità fatta di schemi mentali, educativi e sociali: "Sei troppo vecchio per... sei troppo giovane per... sei fuori di testa se ... perchè vuoi cercarti delle grane... intanto non serve a niente... chi te lo fa fare?", si dimentica quanto ogni singolo secondo di vita sia prezioso e degno di essere vissuto con totalità. Ogni attimo in cui siamo in grado di respirare.
Pensiamo raramente alla morte. Schiavi delle immagini di guerra e di violenza che regolarmente riempiono le nostre giornate,  siamo diventati indifferenti alla morte. Al dolore no, quello ci spaventa terribilmente. E pur di non soffrire restiamo immobili, aggrappati alla pochezza della nostre certezze per paura di perderle, di dover ricominciare, di dover fare i conti con ciò che non conosciamo e non siamo in grado di controllare.
Non è mai troppo tardi per rinascere, soprattutto quando si vive il tramonto.
Quando si tratta del tramonto dell'uomo, poi,  la rinascita diviene ancora più impellente. 
Ma per rinascere, bisogna splendere dentro almeno un poco e attizzare quella piccola fiamma affinchè cresca tanto da prendere forma. 
In questo Natale 2019 
il miglior augurio che possa fare a ciascuno di voi è di rinascere in voi stessi e per voi stessi. 
Siate folli e coraggiosi perchè la vita è un dono meraviglioso 
da assaporare giorno dopo giorno, senza paura. 
Realizzate i vostri talenti, i vostri sogni e iniziate oggi stesso
 perchè non è mai troppo tardi per rinascere!



Foto di Eftodii Aurelia da Pexels

mercoledì 18 dicembre 2019

CI SONO

Ci sono.
Facile a dirsi, ma difficile a realizzarsi.
Ci sono nella mia totalità.
Con il mio corpo, la mia mente e il mio cuore
in uno stato di presenza che li integra e li arricchisce.

Ci sono.
Sono qui, mercoledì 18 dicembre e scrivo.
Non penso ai regali da fare,
nè rimugino sui Natali passati.
Resto focalizzata sulla scrittura e su ciò che sto facendo.

Ci sono.
Ogni giorno porta con sè infiniti doni
e io voglio assaporarli tutti, uno ad uno,
senza anticipare i tempi od osservarli con le lenti del già visto.

Ci sono.
Attenta a cogliere gli sguardi di chi mi circonda,
pronta ad ascoltarne le parole e i silenzi.
Ci sono per me,
per il mio corpo, per il mio cuore
per offrire riposo alla mia mente indaffarata.

Ci sono.
O almeno cerco, accogliendo le cadute e tornando alla consapevolezza.
E quando tutto intorno il mondo gira vorticosamente
mi fermo e sto nel mio centro.

www.ildiamantearcobaleno.com










mercoledì 4 dicembre 2019

ABBIAMO SMESSO DI GUARDARCI NEGLI OCCHI

Abbiamo smesso di guardarci negli occhi.
Da quando ci siamo abituati a fissare uno schermo
siamo diventati sempre più passivi.
Televisione, computer, tablet, cellulari
hanno assorbito gradualmente tutta la nostra attenzione.

Abbiamo smesso di guardarci negli occhi.
Abbiamo dimenticato come osservare l'altro, ascoltarlo, annusarlo, toccarlo.
Abbiamo rinchiuso noi stessi nel mondo virtuale della tecnologie.
Amici sono foto e parole senza forma.
Noi stessi siamo diventati fantasmi scritti
 in una realtà priva di odori, sapori, intensità.

Abbiamo smesso di guardarci negli occhi 
e non ricordiamo più come guardarci allo specchio.
E' più facile odiare, criticare, restare indifferenti, pensarsi migliori.
Lo schermo ci  assorbe, ci fa dimenticare, ci fa sognare, 
ci fa sentire potenti esiliando le nostre paure, nascondendo le nostre fragilità
e accogliendo senza giudizio lo sfogo delle nostre emozioni.

Abbiamo smesso di guardarci negli occhi
e la nostra anima si è persa in una rete senza tempo, al di là dello spazio.
Abbiamo smesso di invecchiare, di assumerci responsabilità,
di fare sacrifici, di vivere il corpo.
Immobili come macchine 
ci siamo arenati nella melmosa palude della mediocrità.



Foto di Toni ph da Pexels

lunedì 25 novembre 2019

ME LO MERITO?

Tre semplici parole, eppure così faticose da pronunciare. 

Si merita il rispetto chi non è mai stato rispettato? 
Si merita la gioia chi ha sempre sofferto?
Si merita di ricevere chi ha solo sempre donato?
Si merita un proprio spazio chi non lo ha mai avuto?
Si merita l'amore chi non è mai stato amato?

Se ponessimo le domande in questi termini non avremmo alcun dubbio sulle risposte: "Certo che se lo merita".
Come mai, allora, se rivolgiamo la domanda a noi stessi non siamo altrettanto sicuri al proposito?

Chi non è mai stato rispettato è abituato a farsi calpestare.
Chi ha sempre sofferto ha fatto l'abitudine al dolore.
Chi ha sempre e solo donato ha difficoltà a ricevere.
Chi non è mai stato visto nè apprezzato si è convinto di non avere diritto ad un proprio spazio.
Chi non è mai stato amato non sa come accogliere l'amore.

Disgregare gli schemi con cui siamo cresciuti è molto faticoso. Dobbiamo imparare ad aprirci quando l'unica nostra difesa è la chiusura, ed è difficilissimo farlo nel contesto che ci ha abituato a non essere amati, rispettati, visti o che ci ha sempre usati causandoci grande sofferenza. 
Per riuscirci dobbiamo inevitabilmente allontarci da quel contesto e vincere il senso di colpa che,  subdolo e insistente, ci sussurra continuamente "Non te lo meriti, chi sei tu per cambiare le cose?"
Ci sentiamo la misera "pecora nera" spersa in un gregge di pecore bianche e bellissime e abbiamo paura. Ci sentiamo inadeguati, incapaci ed esclusi dai giochi ancora prima che essi abbiano inizio.
D'altra parte ci siamo convinti di  valere meno di nulla, per cui come possiamo ambire al rispetto, alla gioia e all'amore? Non possiamo, se non per follia.
Abbiamo confuso lo sguardo di chi ci circonda con il nostro stesso sguardo e abbiamo smesso di vederci, di rispettarci e di amarci, attirando inconsapevolmente sempre le stesse situazioni.
Comunque, è sempre in nostro potere cambiare le cose e quando iniziamo a sentirci la misera "pecora nera" siamo sulla buona strada. Il passaggio successivo è recuperare uno sguardo più oggettivo.
A quel punto potremo anche stupirci nel notare che le pecore bianche e bellissime che abbiamo eretto a ideale da seguire perdono il vello, ma non il vizio. Altro varco da superare: non sono pecore, ma essere umani con le stesse nostre fragilità e paure. 
Nel lungo percorso di riscoperta e accettazione di noi stessi sarà naturale osservare quanto l'essere la misera "pecora nera" ci abbia portato a rinunciare al nostro potere personale e l'abbia donato alle presunte "pecore bianche e bellissime" permettendo a queste ultime di farne l'uso che ritenevano più opportuno a nostre spese.
Con questa consapevolezza iniziamo ad accorciare i fili del nostro potere personale fino a recuperarlo. Poi piantiamo i paletti dello spazio e del rispetto verso noi stessi (quello in cui possiamo anche permetterci di proferire dei salvifici NO alle richieste indecenti del fulgido gregge abituato a tartassarci) e innalziamo orgogliosi il nostro stendardo: "Sono la pecora nera". Inutile nascondersi dietro ad un dito: per le pecore  bianche tali rimarremo per sempre. Un ruolo a definire la nostra ribellione.
Ma noi siamo troppo impegnati a scoprire chi siamo al di là del mondo degli ovini per rimanerne condizionati (e poi detto tra noi, cambiare ruolo ogni tanto rende la commedia oltremodo divertente).
Così ci incamminiamo sempre più decisi verso la libertà. Quella libertà di pensiero che fa apparire all'orizzonte i primi tiepidi raggi di sole, quelli ambrati e luminosi del primo "me lo merito anch'io..."

Donatella Coda Zabetta


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martedì 12 novembre 2019

LA RIDONDANZA DELLE PAROLE

Le ascolti, le leggi, le assapori.
Sono le parole.
Alcune addolciscono il sentire,
altre feriscono il cuore.
Alcune sono spunto di riflessione,
altre sono focolaio di rabbia.
Alcune aleggiano leggere,
altre sono più pesanti del piombo.
Le vedi spargersi nell'etere
con costanza e continuità
attraverso i giochi dei bambini,
le prese in giro degli adolescenti e i loro primi amori,
i progetti dei giovani, le discussioni degli adulti,
i ricordi degli anziani.
Sono le parole.
Informano, limitano, amano, catalogano, aiutano, giudicano.
Ce ne sono di tutti i tipi e di tutti i colori.
A volte però sono troppe,
tante da togliere il respiro.
Il silenzio si perde nella ridondanza delle parole
insieme alla nostra capacità di ascoltare,
di leggere tra le righe, 
di accoglierle.
E diveniamo indifferenti
di fronte alla loro eccedenza
per difenderci, per schermarci, per proteggerci.
Insensibili al potere delle parole
ci chiudiamo in noi stessi
pronti a dissotterrare l'ascia di guerra 
appena ci sentiamo minacciati da esse.
E capita spesso,
perché ci siamo abituati a scandagliare ogni parola
con la lente della nostra soggettività.
Così  pesiamo le parole, le analizziamo, le scrutiamo,
le ribaltiamo per scovare al loro interno 
la minaccia che sentiamo continuamente aleggiarci intorno
e ne diffondiamo altre, altrettanto pericolose.
Sono le parole.
Uno strumento prezioso,
che l'insensibilità dell'uomo
ha reso mortifero.



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martedì 5 novembre 2019

I SENSI DI COLPA DEGLI "ADULTI" DISOBBEDIENTI

Avete presente quella vocina noiosa e persistente che si manifesta subdola quando fate qualcosa che non rientra nei socialmente accettati "Si deve" o "Non si deve fare"?
E avete presente la lotta interiore che si scatena quando il "bambino ribelle" entra in modalità attiva dando una spallata a quello "conforme"?
Il mare in burrasca delle emozioni travolge la nostra fragile barchetta alla ricerca di se stessa.
E sono cavoli amari.
Spiegare le vele durante la tempesta è un atto ardito, anzi addirittura folle. E noi non siamo folli, ci ripetiamo con fermezza cercando di placare il fuoco che ci brucia dentro. Ma la fiamma non si estingue e divampa ancora di più. Soffiarci sopra cercando di spegnerla è un tentativo maldestro, non faremmo che aumentarne la forza. Ignorarla non funziona. Comprimerla all'interno di noi stessi potrebbe farci esplodere. A meno che le leviamo l'ossigeno: cioè ci rassegniamo a sopravvivere e scegliamo la barchetta "conforme", cioè quella ligia alle regole educative. 
Immaginiamo per un attimo di spiegare le vele scegliendo il ribelle nascosto in ognuno di noi. La barca che ondeggia nella tempesta è poca cosa se paragonata alla nostra assenza di equilibrio, per altro naturale quando si affrontano nuove esperienze. Se abbiamo il coraggio di non farci intimorire e poggiamo i piedi ben saldi a terra cercando stabilità il primo passo è andato. Le tempeste non durano mai per sempre e, con il nostro intento a non mollare di fronte alla paura, spunteranno i primi sparuti raggi di sole: luminosi e leggeri come quei rari momenti in cui siamo in armonia con noi stessi. I sensi di colpa probabilmente ce li porteremo dietro per un bel po' perchè ci siamo troppo affezionati per lasciarli andare completamente, ma quella vocina noiosa e persistente si farà sempre più sottile e lontana con il passare del tempo. E arriverà il giorno in cui guarderemo ai nostri sensi di colpa con fare benevolo e li saluteremo in pace con noi stessi per proseguire il cammino con la gioia nel cuore.
Perchè non pesa essere soli o controcorrente quando si può essere se stessi.




Foto di Johannes Plenio da Pexels


lunedì 4 novembre 2019

I LIMONI INSODDISFATTI DEL WEB

Ne percepisci il profumo già da lontano.
Talvolta scrivono utilizzando lettere maiuscole
per spruzzare la loro acredine a gola spiegata.
Sono gli sputasentenze della rete.
Quelli che sventolano come bandiere
criticando indifferentemente qualsiasi proposta o notizia.
Non hanno una coerenza propria,
se non per l'indefessa ricerca di motivazioni
tese a dar libero sfogo alla loro insoddisfazione.
Sono quelli che non ce l'hanno fatta,
che arrancano all'interno di una quotidianità che non sopportano
e che non hanno il coraggio di cambiare.
Sono quelli che vivono convinti
che affossare gli altri 
renda meno dolorosa la loro sopravvivenza.
Sono quelli che a forza di sopprimere emozioni 
e mandar giù bocconi amari
si sono persi nel labirinto della loro cecità.
Sono quelli carenti di autocritica
orgogliosi inconsapevoli della loro ignoranza.
Sono quelli che si credono "nel giusto"
sempre e comunque
convinti che la libertà di pensiero
sia un dono riservato agli eletti, cioè loro.
Sono quelli che dobbiamo ringraziare 
perchè allenano la nostra pazienza 
ci insegnano la tolleranza
e ci stimolano a essere consapevoli e mai troppo seri.
Sono quelli che danno colore alla rete
perchè di fronte ai limoni insoddisfatti del web
non si può che sorridere.



Foto di Jeys Tubianosa da Pexels


 


mercoledì 30 ottobre 2019

VIAGGIARE A RITROSO NEL TEMPO

Viaggiare a ritroso nel tempo
contemplando il presente.

Siamo il frutto maturo delle nostre scelte,
delle ferite subite e di quelle inferte.
Siamo la manifestazione della paura provata
e delle emozioni vissute.
Siamo un dedalo di vie intraprese,
sensi unici,
cadute.

Perchè questo non riusciamo a dimenticare.

La nostra quotidianità
è scandita
da schemi irrazionali e barriere
che hanno radici profonde.
Fili invisibili direzionano le nostre reazioni
rendendoci burattini di ciò che è stato.

Viaggiare a ritroso nel tempo
contemplando il presente.

Possiamo scegliere il presente.
Possiamo scegliere se avere i fili o no.
Avere i fili è più facile, ma saranno essi a definirci.
Non avere fili richiede impegno e responsabilità,
ma possiamo scegliere chi vogliamo essere.
Con leggerezza,
perchè tutto è un gioco.

Viaggiare a ritroso nel tempo
contemplando il presente. 





domenica 27 ottobre 2019

AI BAMBINI CRESCIUTI TROPPO IN FRETTA

- Ciao piccola, perchè tremi?
- Ho paura.
- Sento la tua paura.

- Ciao piccola perchè piangi?
- Sono triste.
- Sento la tua tristezza.

- Ciao piccola perchè te ne stai in disparte?
- Sono sola.
- Sento la tua solitudine.

- Posso avvicinarmi piccola?
  Silenzio.

- Piccola, la tua paura è la mia, così come il mio coraggio è il tuo. La tua fragilità è la mia, così come la mia forza è la tua. Lasciati andare tra le mie braccia senza paura. Le mie spalle sono adulte e capaci. Non posso cancellare la nostra ferita, ma posso guarirla. Non sei più sola. L'energia della Madre è dentro di noi.

"Hai mai visto la notte svanire? Ben poche persone si rendono conto delle cose che accadono ogni giorno. Hai mai visto arrivare la sera ... ci comportiamo come ciechi. In questo mondo meraviglioso, viviamo nei miseri stagni della nostra tristezza: ci è così familiare, che se anche qualcuno volesse tirarti fuori, ti opponi, ti ribelli. Non vuoi esserne tirato fuori.
Altrimenti tutt'intorno a te c'è così tanta gioia, devi solo rendertene conto e partecipare: partecipa alla notte che se ne va , alla sera che giunge, alle stelle e alle nuvole, fai di questa partecipazione il tuo stile di vita e l'intera esistenza diventa gioia ed estasi senza confine alcuno. Non avresti potuto sognare un universo migliore".
Osho: Satyam, Shivam, Sundram


Foto di David Besh da Pexels





lunedì 21 ottobre 2019

IL MOMENTO GIUSTO PER METTERSI IN GIOCO

Non esiste il momento giusto per mettersi in gioco.
Ogni momento è quello giusto se sappiamo trovare in noi un pizzico di follia unitamente al coraggio di ascoltarci. 
Le sfide e i cambiamenti si manifestano sempre con un tarlo interiore che ci pungola verso il movimento. A trattenerci  il freno a mano tirato della paura. Ecco che quel pizzico di follia gioca un ruolo determinante nell'assestarci la pedata necessaria a spiccare il volo dissipando all'istante i sensi di  inadeguatezza che insorgono di fronte a ciò che non si conosce.
Spesso riponiamo quel pizzico di follia in fondo alle nostre tasche per poterlo dimenticare tutelando l'apparente tranquillità dell'abitudine. Ma quando un tarlo si è innescato è difficile fermarlo, anche se può ruminare legno per anni prima che ce ne accorgiamo. I tarli, infatti, sono instancabili lavoratori molto prolifici, in grado di fare una quantità di fori inenarrabile nella nostra spessa corteccia di protezione. Poi un giorno piove e ci ritroviamo bagnati da capo a piedi e realizziamo che stiamo toccando il fondo della nostra sedentarietà. Ispezioniamo le tasche alla ricerca di quel pizzico di follia e le troviamo bucate. E ci sentiamo persi. Incapaci di stare e incapaci di muoverci: a questo punto ha inizio la  lotta all'interno di noi stessi. Il cuore spinge per la nostra realizzazione e la mente spara a manetta milioni di giustificazioni per mantenere lo status quo. 
E noi, come spettatori alla finale di Wimbledon, osserviamo attenti lo scambio tra le varie parti di noi stessi, incerti sul vincitore. Quando il coraggio ha il servizio per il match point, anche se un po' ci dispiace, tifiamo segretamente per la paura. La pigrizia, l'insicurezza e i sensi di colpa si alleano e urlano a squarciagola incitando la paura ad annullare il punto.
Il coraggio tira in alto la pallina pronto a colpirla e noi tratteniamo il fiato. 
Primo servizio: una bomba. Fuori. 
Acciderboli. 
Con le mani sudate osserviamo il secondo servizio. 
Ace. 
Mr. Pizzico di Follia dalla panchina corre trionfante in mezzo al campo e danza felice dinnanzi alla paura inebetita dagli eventi.
Sentiamo il terreno tremare sotto i nostri piedi. Coraggio e follia ci spingono da dietro oltre la paura. 
Il tarlo tarleggia con un party di dimensioni epocali, mentre avanziamo facendocela sotto. 
E' andata. Il momento giusto è arrivato e in un attimo si è concluso. 
Siamo in movimento.
Incerti, impauriti, paturnioni, forse. 
Ma in cammino ;-)




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giovedì 17 ottobre 2019

LA SORGENTE

Vedo una sorgente di acqua pura.
Mi avvicino con le mani a coppa per bere.
Molta acqua andrà perduta
ma l'esperienza del suo sapore rimarrà per sempre nel mio cuore
così come le mani bagnate segneranno una via.
Lavo con l'acqua di fonte il volto:
gli occhi per vedere con chiarezza,
il naso per odorare con discernimento,
la bocca per parlare con consapevolezza,
le orecchie per ascoltare con apertura e umiltà.
Osservo le mie mani ancora umide di acqua di sorgente:
ora sanno come accogliere e lasciar andare.



Foto di Rifqi Ramadhan da Pexels



lunedì 7 ottobre 2019

ABBANDONARE I RUOLI

Oggi riflettevo sul fatto che tendiamo a identificarci con un ruolo così profondamente da dimenticare chi siamo al di là di esso.
Siamo talmente abituati a pensare a noi stessi come attori sul palcoscenico della vita che quando togliamo gli abiti di scena dei ruoli che abbiamo interpretato (in famiglia, sul lavoro, in compagnia degli amici, a scuola...) ci sentiamo nudi.
Solo quando un cambiamento inaspettato (un licenziamento, una separazione, una litigata...) rimette in discussione il ruolo che rivestiamo da tempo ci rendiamo conto di quanto ci fossimo identificati con esso e di colpo ci sentiamo svuotati. Ci eravamo talmente adagiati nella sicurezza e nella stabilità di quel ruolo che la sua scomparsa ci porta inevitabilmente a fare i conti con qualcosa di più profondo dell'idea che avevamo di noi stessi.
I cambiamenti si rivelano sempre un dono e non avvengono mai casualmente. Questo non significa che abdicheremo al cambiamento al primo colpo, ma saremo comunque obbligati a fare un primo passo nella sua direzione.
Ho lavorato in proprio nel tessile per tanti anni e per ben 3 volte la vita mi ha posto di fronte al bivio del cambiamento. Le prime due non ho avuto il coraggio di cambiare e ho ricostruito con indefessa volontà il mio castello di carte nel mondo del business.
Quando, dopo anni di fatiche, arrivavo a piazzare la bandiera in cima al mio meraviglioso maniero, pregustando il meritato riposo del guerriero, il destino mi faceva crollare tutto. Alla terza volta mi arresi. Dopo mesi di crisi interiore nacque "IL CORAGGIO DI ASCOLTARSI" e l'Associazione "Centro per lo sviluppo evolutivo dell'uomo". Dopo qualche anno prese forma "IL RITMO DEL CORPO" e con la sua uscita crollò tutto il mondo che avevo costruito: il destino ci mise lo zampino e mi obbligò a continuare in solitaria. Chiusi l'Associazione e firmai un'altra volta la resa. Di nuovo mi trovai a fare i conti con la mia nudità: colsi l'occasione (con l'età si diviene meno testardi o forse solo leggermente più consapevoli) e scavai nei meandri della mia anima.
E tutto si ribaltò nuovamente. Edizioni Mediterranee avrebbe voluto scrivessi il seguito del "Coraggio di ascoltarsi", ma non ci riuscii. Un'urgenza interiore mi spinse a viva forza in un'altra direzione e prese forma un romanzo. 
Tutto da capo. Pubblicherò o non pubblicherò? Non è dato sapere.
Scrivere un romanzo non è come scrivere saggi, per cui potrebbe anche rivelarsi una clamorosa sconfitta. Di cui, evidentemente, non potevo fare a meno.
E nell'attesa di una risposta dalle case editrici, qualche giorno fa mi va in tilt il computer e mi ritrovo senza passato e con un futuro del tutto imprevedibile.
Solo il presente è reale e mi trova libera da zavorre e obiettivi. Qualcosa si è compiuto e qualcosa non è ancora iniziato.
E' l'alba. Ne assaporo i colori e l'intensità. E li ritrovo in me.
Percepisco un fuoco ardere nel mio cuore: è vivace, luminoso e allo stesso tempo rassicurante. Mi accoccolo dinnanzi ad esso  e in solitudine mi preparo alla rinascita. Qualunque essa sia. 
Sento una grande forza in espansione e so che la Luce illuminerà la via. Mi affido.


Pralungo - Torrente Oropa - Foto Donatella Coda Zabetta



mercoledì 2 ottobre 2019

RESISTERE AL CAMBIAMENTO

Ogni giornata inizia con un cambiamento: il risveglio. 

E se riflettiamo su questo particolare, possiamo osservarci proprio al momento del risveglio per conoscere meglio il nostro approccio in relazione al cambiamento.
C'è chi vive il risveglio con tonicità ed entusiasmo, chi non vorrebbe alzarsi mai e chi lo fa con enorme fatica. Poi c'è chi non ha chiuso occhio tutta la notte e darebbe qualsiasi cosa per addormentarsi seduta stante.
Ci sono periodi in cui abbiamo voglia di alzarci, altri in cui solo un tenace atto di volontà ci induce a farlo. Se ripensiamo ai nostri risvegli da questa prospettiva, gli stimoli di riflessione sono numerosi.

Oggi come mi sono svegliato?

Il cambiamento prende forma con il movimento: trasforma la stabilità dell'abitudine e dell'immobilità in qualcosa di nuovo e di sconosciuto.
Per questo il cambiamento spesso fa paura e opponiamo ad esso resistenza. Tendiamo a voler mantenere il più possibile intatta la situazione di cui abbiamo il controllo, anche se non ci soddisfa pienamente. Perdere il controllo ci destabilizza, ci richiede un centro interiore equilibrato e capace della flessibilità necessaria all'apertura verso qualcosa che non conosciamo. 
Quando il nostro centro è traslato su persone, oggetti o situazioni esterne, ecco che la loro mancanza ci manda in tilt. Ci sentiamo in balia degli eventi come una fragile barchetta in un mare in burrasca. Diveniamo ansiosi, tristi, irrequieti, arrabbiati, depressi. Abbiamo dimenticato come avere fiducia in noi stessi e nelle nostre capacità. Siamo così dipendenti dal mondo esterno da apparire come burattini abbandonati, che in mancanza di qualcuno in grado di tirare i fili al posto nostro, giacciono inerti. 
Quando questo accade, abbiamo una meravigliosa opportunità a nostra disposizione: quella di rendercene conto. Abbiamo la possibilità di realizzare quanto fossimo legati ad un'immagine di noi stessi (di persona di successo, di moglie o  marito, di padre o madre, di figlio o  figlia...), tanto da perdere di vista la nostra identità. Come se il ruolo avesse il potere di definirci. 
Solo con il movimento possiamo manifestarci e conoscerci meglio. Con le nostre scelte, le nostre azioni, i nostri pensieri in relazione alla vita che si dispiega. 
Potremo cadere e rialzarci, affinare la mira, incontrare gioie e dolori, crescere e maturare. E magari un giorno, chissà, risvegliarci per davvero.



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sabato 28 settembre 2019

SAREMO NOI A SALVARE LA TERRA?

O SARA' LA TERRA A SALVARCI DA NOI STESSI?

In questa confusione mediatica nella quale informarsi con oggettività è quasi impossibile, osservo gli eventi, i battibecchi e le tante parole scritte su Greta Thunberg cercando di comprendere.
Leggo tutto e il contrario di tutto. Pareri scientifici contrastanti, disamine sulla Sindrome di Asperger, ipotesi di complotti a fini commerciali... Insomma, ci sarebbe da farsi una grassa risata, non fosse una fotografia della realtà che stiamo vivendo.
Dietro all'immagine di una ragazzina che ha trovato il coraggio di lottare per quello in cui crede e lo fa con coerenza e determinazione, c'è l'uomo con tutte le sue paure e l'incapacità manifesta ad assumersi le proprie responsabilità.
E' facile parlare, scrivere, manifestare, ma l'inconsapevolezza generale potrà mai essere toccata dall'atto di denuncia e di ribellione di Greta in modo concreto?
Gli uomini di potere potranno mai considerare la possibilità di un bene comune a lungo termine, sacrificando interessi e popolarità?
I ragazzi che ne condividono le idee sapranno mai trasformarle in azioni personali, sacrificando uno  stile di vita comodo e votato al consumismo?
Ciascuno di noi saprà operare le rinunce necessarie per contribuire attivamente e con consapevolezza a ridurre l'inquinamento?
Siamo circondati da stimoli che ci inducono a rimetterci in discussione e a meditare su quanto sta avvenendo, eppure spesso non sappiamo far altro che delegare le nostre stesse responsabilità.
La terra sta scuotendo l'uomo dal suo torpore con terremoti, inondazioni e calamità naturali sempre più intense.
Forse la natura ha capito che deve cavarsela da sola.
E questo significa riportare equilibrio sacrificando la specie fuori controllo che sta alterando sempre più pesantemente l'omeostasi dell'ecosistema.
Oggettivamente ineccepibile.





giovedì 26 settembre 2019

LASCIAR ANDARE LA MEMORIA

Lasciar andare la memoria.
E' possibile dimenticare le ferite dell'anima?
Le cicatrici del passato sono segni indelebili 
con cui inevitabilmente dobbiamo fare i conti, prima o poi.
Tutto ciò che ha intaccato la nostra dignità
permeando la nostra vita di insicurezze e bassa autostima 
ha scavato solchi profondi nella nostra psiche.
Ogni giorno ne sfioriamo il contorno
cadendo in schemi autodifensivi 
atti a schermare le nostre paure e fragilità.
Lasciar andare la memoria.
Mi sovviene l'immagine di un albero colpito dal fulmine.
La sua forma non sarà mai più la stessa.
Il suo funzionamento dovrà compensare il vuoto della parte incenerita.
Un singolo evento ha cambiato per sempre la sua esistenza.
Eppure l'albero continuerà a vivere, germogliare e
probabilmente, con il tempo, anche a dare frutti.
Lasciar andare la memoria.
Come le foglie in autunno,
con leggerezza,
contemplando la bellezza della libertà
che scaturisce dal lasciar andare
ciò che non serve più.
Non è possibile cancellare le ferite dell'anima,
ma si può trasformarne il dolore.



Foto di freestocks.org da Pexels


sabato 14 settembre 2019

L'INTEGRITA' DELLA SOLITUDINE

"Quando riconosci l'integrità della tua solitudine e ti abbandoni nel suo mistero,
le tue relazioni con gli altri prendono un nuovo calore, avventura e meraviglia (...).
Se dai coraggio alla tua solitudine,
impari a non avere paura (...).
La solitudine umana è ricca e infinitamente creativa."

O'Donohue, 1997 - poeta e filosofo

Condivido profondamente questa riflessione di O'Donohue nella quale è bene assaporare ogni singolo termine, perchè in ciascuno di essi è celato un mondo non rivelato. L'integrità della solitudine, il mistero della solitudine... quando riconosci te stesso, le tue paure e le tue fragilità, e le accogli senza fuggirle o combatterle, gli altri non possono più ferirti. Quando riconosci te stesso, le tue paure e le tue fragilità, e le accogli senza fuggirle o combatterle, gli altri sono come te. Sono specchi di luce.



Foto di Ismael Sanchez da Pexels


venerdì 13 settembre 2019

IL COMPLETAMENTO

Il cerchio si chiude nel punto da cui sei partito,
ma al tuo arrivo non sei più lo stesso.
Il percorso fatto ti ha cambiato:
hai corso, rallentato, sei caduto e ti sei rialzato.
Hai imparato a convivere con le difficoltà,
a conoscere le tue paure e le tue fragilità
e a riscoprire la tua forza e i tuoi talenti.
Spesso hai dubitato,
a volte ti sei lasciato trascinare dall'entusiasmo 
e a volte ti sei fermato affranto di fronte alla tua nudità.
Il cerchio si chiude nel punto da cui sei partito,
ma al tuo arrivo non sei più lo stesso.
Se osservi dove sei
ti sembra di non esserti mosso affatto,
ma se sposti lo sguardo all'interno sai che non è così:
hai la consapevolezza di aver completato un passaggio della tua vita
e di essere pronto per una nuova avventura.
Puoi respirare e riposarti
godendo della gioia che il completamento porta con sè.
Puoi assaporare le mille possibilità 
del nuovo cerchio che sei pronto a percorrere.
La vita, in fondo, è una giostra che non si ferma mai.

Oggi festeggio l'invio del mio primo romanzo alle case editrici.
Fingers crossed.





lunedì 9 settembre 2019

IN EQUILIBRIO TRA CONTINUITA' E FLESSIBILITA'

Sto leggendo un volume molto interessante: "La mente relazionale. Neurobiologia dell'esperienza interpersonale" di Daniel J. Siegel.
Analizzando il cervello come sistema complesso e la sua proprietà auto-organizzativa, l'autore propone uno spunto di riflessione che trovo estremamente attuale.

"La stabilità del sistema è raggiunta con il movimento verso la massimizzazione della complessità. La complessità non deriva da attivazioni casuali, ma è incrementata da un equilibrio fra continuità e flessibilità. La "continuità" è legata alla forza di stati precedentemente acquisiti, e dunque alla probabilità di una loro ripetizione: implica similarità, familiarità, prevedibilità. Con "Flessibilità" si intende invece il grado di sensibilità del sistema  rispetto alle condizioni ambientali; coinvolge variabilità, novità, incertezza. La capacità di operare cambiamenti permette al sistema di adattarsi all'ambiente, ma una variabilità e una flessibilità eccessive possono portare ad attivazioni casuali; d'altra parte, un'adesione troppo rigida a stati precedentemente fissati determina un'eccessiva continuità e riduce le capacità di cambiamento e di adattamento del sistema (Fogel, de Koeyer, Secrist et al. 2002, Anderson, 2002)"

Se rapportiamo le stesse parole al percorso evolutivo del sistema uomo, realizziamo quanto un equilibrio tra continuità e flessibilità sia importante e difficile da raggiungere. Per finire nel caos o bloccarsi basta un attimo di inconsapevolezza. 
Quel meraviglioso mistero chiamato vita consapevole racchiude in sè il segreto di un equilibrio dinamico tra passato e presente in grado di adattarsi al continuo movimento del fiume che scorre. 




martedì 3 settembre 2019

SOGNO DI UNA NOTTE DI FINE ESTATE

Osservo l'orizzonte in silenzio. 
Il mare in tempesta agita le acque. 
Difficile orientarsi.
Il cielo coperto dalle nubi oscura lo sguardo.
L'immobilità è l'unica risposta ai venti contrari.
Un'immobilità attonita, stanca, disillusa.
E' tempo di muoversi e non so dove andare.
Le vie si arrotolano su se stesse.
Cerco la Luna
e trovo Marte.
Depongo l'armatura a terra
e trattengo la spada
per osservare sulla sua lama 
il fuoco riflesso della mia interiorità.
Nello specchio d'acciaio brilla più di una fiamma
in un incendio scomposto
dai mille colori.
Inseguo l'arcobaleno.


Foto di Matt Hardy da Pexels

giovedì 22 agosto 2019

IL WEB E L'ANNULLAMENTO DELLA DIMENSIONE SPAZIO-TEMPORALE

Non so se sia capitato anche a voi, frequentando i social, di veder riproposte come attuali notizie risalenti a settimane, mesi e anni fa. A me succede spesso e mi sono soffermata a riflettere su questa particolarità del web. La rete offre, infatti, la possibilità di leggere in tempo reale notizie di altri parti del mondo e del passato annullando la dimensione spazio-temporale. Il flusso continuo e sovrabbondante di informazioni di ogni genere crea però, allo stesso tempo, una gran confusione. Soprattutto in chi non applica alla lettura un acuto discernimento volto a verificare, innanzi a tutto, l'autenticità della notizia e, a seguire, la sua collocazione temporale.
Considerando il ripetersi indefesso di bufale di dimensioni cosmiche e di informazioni datate, deduco che il discernimento si sia perso nel grande pentolone della rete offrendole un potere che, a pensarci bene, fa un po' paura.
Siamo ancora noi a gestire la rete o è il web a gestire le nostre menti in vacanza?
Mi piacerebbe conoscere la vostra idea.



Ad uso gratuito (CCO) - Pexels

venerdì 9 agosto 2019

LA PAURA DELLA MORTE

In questi giorni riflettevo sulla paura della morte e sono giunta alla conclusione che non è il nuovo viaggio che la morte porta con sè a fare paura, ma il bagaglio che ci porteremo dietro alla partenza. A determinare lo stato d'animo con cui affronteremo la morte sarà  infatti il modo in cui avremo vissuto la vita.
Se il nostro bagaglio sarà carico di sospesi, di rimpianti e di attaccamenti, non avremo voglia di partire e di affrontare una nuova esperienza e ci sentiremo impreparati a farlo. Saremo terrorizzati all'idea di abbandonare il corpo e le nostre resistenze renderanno il passaggio molto faticoso.
Se il nostro bagaglio sarà leggero per i semi che abbiamo piantato, cresciuto e coltivato con amore, guarderemo alla vita passata con il cuore. Accoglieremo le tempeste, la siccità e lo scarso raccolto come naturale parte del percorso fatto e affronteremo il cambiamento senza paura.

Se pensassimo di più alla morte, sono convinta vivremmo vite più consapevoli.



Ad uso gratuito (CCO) - Pexels








giovedì 8 agosto 2019

L'IMPONDERABILE LEGGEREZZA DEL CIELO

Imponderabile presenza al mio fianco
che mi offri sguardi leggeri sulla vita e le sue complicazioni
accompagna i miei passi
donando loro consapevolezza e totalità.
Risalire la china delle mie debolezze e delle mie paure
è un percorso impegnativo
come lo è il lasciar andare e il perdono.
Poco per volta riscopro i miei talenti 
e li perfeziono tra i tanti dubbi che la mia umanità confeziona. 
E imparo a non temere la mia unicità e a valorizzarla.
Imponderabile presenza al mio fianco
che mi offri sguardi leggeri sulla vita e le sue complicazioni
accompagna i miei passi 
donando loro consapevolezza e totalità.






lunedì 5 agosto 2019

CAMBI DI PROSPETTIVA

Con l'aumentare dell'età le prospettive di osservazione cambiano radicalmente.
Da bambini si guarda al mondo con stupore e meraviglia, forti del fuoco della vita che ci rende invincibili. Si è in una piana sconfinata di possibilità.
Da adolescenti si inizia a  salire la china della montagna: si incontrano le prime ripide salite, la fatica, il confronto con chi percorre lo stesso percorso. Si desidera essere parte di un gruppo pur nella consapevolezza di doversi comunque muovere con le proprie gambe. Ci si scontra con l'insicurezza, i dubbi, la paura. Per questo si sfida se stessi nel tentativo di comprendersi, conoscersi, fare esperienza.
Da giovani si arriva al primo campo base. Si ha voglia di costruire, di costruirsi. Si pongono le fondamenta del progetto uomo che vorremmo diventare. L'entusiasmo ci induce a inseguire le immagini di noi che sentiamo di voler realizzare e mattone su mattone proviamo a renderle reali.
Con la maturità e il terzo campo base abbiamo fatto i conti con le intemperie e le difficoltà. Siamo caduti e ci siamo rialzati più volte. Abbiamo visto crollare illusioni e ideali. Ci siamo abituati ad accogliere i compromessi come parte del gioco della vita. Quel fuoco che da bambini ci rendeva onnipotenti a volte si affievolisce, altre volte si infiamma nell'ottovolante delle circostanze.
A questo punto del percorso scorgiamo la cima della montagna, ma i passi che ci separano da essa attirano la nostra attenzione più di quelli già percorsi.
Procedendo con gli anni, lo zaino che ci portiamo sulle spalle ci piega sotto il peso delle responsabilità. A volte vorremmo proprio mollarlo per strada per procedere con più leggerezza (C'è chi lo fa... in effetti. Sono quelli che girano inconcludenti su se stessi come trottole impazzite. Che si divertano, non mi è dato sapere). Ogni passo ci pone di fronte ad una scelta e i sentieri seppur limitati si fanno sempre più scoscesi. Non so se per la fatica della salita o per  maggiore consapevolezza. Molte illusioni si sono sgretolate aumentando oggettività e realismo. Ci siamo inevitabilmente irrigiditi e l'abitudine ci ha resi poco propensi alla flessibilità. Pensiamo di aver capito chi siamo e cosa vogliamo, o almeno lo crediamo, e percorriamo la nostra strada rispettandoci maggiormente. A volte trascendiamo nell'egoismo come atto dovuto a rivendicare la nostra identità. Abbiamo maturato il coraggio di riposarci se siamo stanchi e di stare soli e in silenzio quando il brusio del mondo ci ha annoiato. Osserviamo di più e parliamo di meno. Ci perdiamo a fare bilanci e controbilanci nei ritagli di tempo che possiamo dedicarci al di fuori della rete delle relazioni che inevitabilmente con gli anni si è infittita limitando la nostra libertà. 
La vetta è alla portata e guardare al cammino fatto è inevitabile. I compagni di viaggio con cui abbiamo condiviso parte della nostra vita iniziano a scomparire e il nostro stesso corpo ci ricorda l'impermanenza a cui tendiamo.
Il nostro sguardo si focalizza più spesso sul cielo che sulla cima della montagna e in esso ritroviamo la piana sconfinata che abbiamo amato da bambini.
La sofferenza e il dolore ci preparano al passaggio dimensionale aprendo le porte ad un'interiorità troppo spesso dimenticata. Il nostro sguardo cambia prospettiva e relativizza molte delle cose che ritenevamo importanti. Nudi con noi stessi facciamo i conti con le nostre paure e con il passato. Non possiamo più trattenere nulla e questo ci spaventa o ci libera per sempre.
Il profumo di un petalo di rosa ed è nuovamente primavera.