lunedì 29 agosto 2016

ESSERE IN PASSAGGIO

Non è semplice affrontare i passaggi/blocchi nel percorso verso la consapevolezza. Richiede tempo, pazienza, dedizione, forza interiore e grande umiltà.
Ho iniziato a lavorare al passaggio che sto per completare più di un anno fa. Un anno faticoso sia interiormente sia esteriormente. Quando si è tutti ingarbugliati dentro si vorrebbe armonia intorno, ma non è mai così: la realtà specchia sempre la nostra interiorità per permetterci di lavorare su noi stessi a 360° e questo allineamento rende l'opera quanto mai ardua. All'inizio del passaggio ci si sente irrequieti, si ha la percezione che qualcosa debba trovare una dimensione diversa, ma allo stesso tempo non si ha chiarezza.
Quando si va in montagna si deve scegliere la camminata da fare e il suo grado di difficoltà e lo si fa con fiducia nelle proprie forze e nella propria esperienza.
Personalmente prediligo sempre i sentieri più impegnativi, deve essere una caratteristica della mia natura scorpionica, così scarponcini ai piedi, energia ed entusiasmo e si parte.
La cima non appare neanche all'orizzonte, ma il viaggio in fondo rappresenta la vera crescita.
Mi piace l'idea della montagna a scalare dimensioni più sottili, mentre l'opera si svolge in profondità all'interno di sè in una continua alternanza di stimoli a procedere e resistenze psicologiche. La consapevolezza deve sempre mantenersi attiva, perchè l'intervento di reazioni automatiche potrebbe dare forma ad un cammino circolare di stazionamento allo stesso livello (come quando in montagna di fronte alla propria stanchezza si sceglie il sentiero non segnato e leggermente in discesa con la speranza di diminuire la fatica e ci si ritrova ad un punto morto).
Le soste sono indispensabili a recuperare forza e centratura, ma non devono soccombere alla tentazione di cedere alla resistenza che ci caratterizza (debolezze, paure, emozioni negative).
Quando si è in passaggio capitano spesso momenti di immobilità ed accoglierli senza arrendersi ad essi richiede molta fiducia.
Avete presente quando in montagna si è affrontata una parete particolarmente faticosa e se ne presenta subito un'altra? La stanchezza è tanta e i dubbi proliferano insieme ai pensieri negativi.
Sono i momenti di svolta: l'importante è rimanere aperti e percettivi perchè proprio quando ci sembra di esserci arenati, compare nel gioco delle due forze (attività e passività), la terza forza, quella in grado di sbloccare la situazione e dare nuova linfa affinchè il passaggio si manifesti.
Nel percorso può trattarsi di un evento della quotidianità, di un incontro inaspettato, di parole sentite o lette o anche di qualcosa che semplicemente non si era mai notato, in grado di offrire chiarezza e conferme al fatto che si sta percorrendo la strada migliore oppure che la si sta sbagliando alla grande. In entrambi i casi è un aiuto decisivo nel muovere l'energia e renderla nuovamente operativa.
E così ci si rimette in cammino. Passo dopo passo ci si trasforma, ci si conosce sempre meglio e si diventa sempre più consapevoli.
Quando si inizia un passaggio si ha l'impressione che sia inenarrabilmente ostico, il peggiore tra tutti (ogni passaggio è sempre commisurato alle nostre forze!) perchè le resistenze che ci caratterizzano si parano innanzi a noi come un vero plotone di esecuzione. Alla fine del viaggio ci rendiamo conto che si è trattato di una grande avventura, impegnativa, ma abbordabile e nella mente si nutre l'illusione di potersi godere la realizzazione almeno per un po', prima di dover scalare una nuova montagna.
Non capita quasi mai e il cuore lo sa. Ogni fine è sempre un nuovo inizio. E che la bellezza del viaggio ci sia compagna.





giovedì 25 agosto 2016

LA RABBIA CHE EMERGE DAL DOLORE

Il silenzio che dovrebbe emergere di fronte ad eventi come il terremoto, carichi di dolore e sofferenza, è stato spesso interrotto da parole di rabbia. Molte persone non hanno saputo gestire, nella loro inconsapevolezza, il carico delle immagini e delle notizie che si susseguivano e hanno sfogato il loro disagio esplodendo il senso di frustrazione derivato dall'incapacità ad accogliere un'ulteriore fonte di instabilità.

L'impossibilità a mantenere il controllo genera una percezione di grande disarmonia in coloro che hanno fissato i loro punti di riferimento all'esterno (casa, famiglia, lavoro, denaro...) e vivono come fortemente destabilizzante ogni cambiamento. La ricerca di capri espiatori esterni a cui addebitare il proprio disagio va al di là del comune buon senso, come se l'attribuzione della responsabilità dell'accaduto a qualcosa o qualcuno potesse renderne meno gravoso l'impatto.

Fare i conti con se stessi e con le proprie responsabilità è faticoso e così si preferisce disperdere le proprie energie ad incendiare le menti e attizzare il fuoco latente della rabbia presente in chi vive lo stesso disagio, per sentirsi meno soli.

UN BEL TACER NON FU MAI SCRITTO ...



mercoledì 24 agosto 2016

CONSIDERAZIONE

Avete mai riflettuto attentamente su questo termine? 
Ci teniamo ad essere considerati dagli altri e a nostra volta tendiamo a considerare chi stimiamo, chi amiamo e anche chi ci infastidisce.
Questa attitudine ci lega agli altri e ci rende schiavi del loro agire. Quante volte permettiamo alla nostra energia di essere diretta da un comportamento di chi ci circonda? Quante volte subiamo inconsciamente un giudizio esterno di una persona che teniamo in considerazione? Quante volte tendiamo a confrontarci e a limitarci dando potere a chi consideriamo?
La considerazione è una dipendenza interiore che come un filo invisibile ci avvolge e ci condiziona nel pensiero e nell'azione. Nel momento in cui mi lascio andare alla considerazione, limito il mio potere di discernimento  e lo cedo inconsapevolmente agli altri.
Pur in questa consapevolezza, quante volte permettiamo alle parole di chi "consideriamo" di ferirci? E quanto lavoro  è necessario per riacquistare la propria libertà?

Nel caso in cui la considerazione ci riguardi personalmente e ci induca a valutarci migliori o peggiori degli altri, essa evidenzia la nostra presunzione e la nostra insicurezza in un contesto di confronto con l'esterno. La schiavitù interiore dell'autoconsiderazione dipende  dall'attitudine mentale di fronte alle proprie debolezze non elaborate.



lunedì 22 agosto 2016

LA GABBIA DELL'EDUCAZIONE

Oggi voglio sorridere pensando alla rigidità di quelli come me educati alle buone maniere in modo così consistente e persistente da sentirsi in colpa a comportarsi diversamente anche dinnanzi alla totale mancanza di rispetto altrui. La gabbia dei "non sta bene", "non si fa", "non si dice" spesso rinchiude la nostra categoria dei rispettosi ad oltranza in un silenzio passivo carico di tensione: piuttosto che trasgredire le norme del vivere educato, stiamo zitti. Poi un po' ce la raccontiamo, del tipo: "In fondo è inutile sprecare parole con chi si comporta così, non verrebbero ascoltate...",  per addolcire l'amara pillola che stentiamo a deglutire. Quella pillola che d'un tratto ci rende tesi come corde di violino che ad uno sguardo od un gesto un po' più provocatorio potrebbero facilmente rompersi non suonando mai più. E non c'è nulla di peggio di un violino senza corde, in quanto se prima poteva quanto meno abbozzare un suono stridulo come sfogo di rabbia repressa, al silenzio imposto non c'è rimedio. Chi non ha trovato il coraggio di parlare, taccia per sempre e si curi il roditore interiore (rodo - dentro) che ha coltivato con doviziosa educazione.  E sia ben consapevole che tale  roditore necessita quotidianamente di una elevata dose di controllo, buone maniere e un pizzico di rabbia: si tratta, infatti, di un animale indomito dai denti aguzzi, paziente e tanto carino quanto feroce. Emette urli ad ultrasuoni che deflagrano all'interno scuotendoti le interiora. A volte se ne ode qualche eco anche all'esterno ... in tal caso si salvi chi può.


L'era Glaciale - film

venerdì 19 agosto 2016

IL PERFEZIONAMENTO


"Dobbiamo capire come è possibile che tutti noi possiamo rendere servizio. Il mondo dello spirito, ..., ha in sè molte regioni diverse. Se riusciamo a liberarci dallo stato di sogno e cessare di essere ossessionati dalle cose, potremo entrare in una modalità di esistenza immensamente più libera. Le esprienze appartenenti alle sfere superiori del mondo dello spirito non servono solo alla soddisfazione individuale; servono a uno scopo. I loro diversi livelli sono necessari per l'armonia del cosmo.
Non è necessario compiere tutto il cammino. Chi non compie tutto il cammino riceve tutto ciò che è possibile per lui, e non gli è tolto nulla. Alcune persone che conosco hanno avuto una intuizione di ciò, essa è molto importante e reale. Nessuna opera, nessuna impresa va sprecata. Non è una situazione nella quale non vi siano vie di mezzo; non c'è salvezza assoluta nè dannazione assoluta, nè alcunchè che lontanamente gli assomigli."


"Non è necessario compiere tutto il cammino. Chi non compie tutto il cammino riceve tutto ciò che è possibile per lui, e non gli è tolto nulla. " scrive Bennet. Meravigliosa intuizione. Mi è capitato spesso di provare tristezza osservando le debolezze umane e il loro sovrastare la capacità individuale a trasformarle. Bennet focalizza l'attenzione sul fatto che il vero percorso è la propria realizzazione e non esiste alcun tipo di gerarchia a limitarlo. Ciascuno di noi ha la propria perfezione. Scrive ancora Bennet: "La perfezione è perfezione; non vi è nulla al di là di essa. Chiunque abbia raggiunto ciò a cui è destinato ha raggiunto la propria perfezione, e niente altro ha alcun significato. L'opera nella quale speriamo di entrare è quella di portarci alla nostra perfezione."





domenica 14 agosto 2016

LA PRESUNZIONE

Quando l'opinione di se stessi è gonfiata dall'ego, la presunzione di essere migliori prende spazio e si manifesta con arroganza e superbia. Se alla presunzione si unisce un'alta dose di insicurezza, l'effetto risulta ancor più dirompente, rendendo il comportamento presuntuoso oltremodo aggressivo.
Di fronte alla presunzione provo sempre grande tristezza.  L'incapacità a rimettersi in discussione blocca ogni movimento di crescita e di evoluzione personale, fortificando barriere e blocchi che, in mancanza di consapevolezza, sottendono l'illusione che la rigidità della propria debolezza sia un punto di forza. 



venerdì 12 agosto 2016

LA QUIETE PRIMA DELL'ESPLOSIONE CREATIVA

I periodi difficili sono sempre fonte di grande crescita e portano con sè rinnovamento e trasformazione. Questi cambiamenti prendono spunto da una più approfondita conoscenza di sè e della realtà che ci circonda e indirizzano lo sguardo verso nuovi orizzonti inesplorati.
La creatività è la parte più intuitiva e spontanea di noi stessi e se ci lasciamo andare alla sua energia scopriremo quanto sia semplice accedere a idee innovative che trascendono l'abitudine della quotidianità per condurci verso la nostra più piena realizzazione.
I periodi creativi hanno un periodo di incubazione più o meno lungo. Ci si sente come un calderone colmo di infiniti elementi da mettere in ordine. Fino a quando non vi è chiarezza, l'atto creativo non può manifestarsi. Poi all'improvviso ecco sorgere l'intuizione a lungo attesa a fissare il primo passo di un percorso che si dispiegherà giorno per giorno, vivendolo. E una nuova avventura avrà inizio.
Assaporare la quiete prima dell'esplosione creativa, quando ci si sente scoppiare, ma non si è ancora pronti a farlo, significa accogliere l'energia più profonda di noi stessi per prepararsi a darle forma.






mercoledì 10 agosto 2016

IL SILENZIO PRIMA DELLA TEMPESTA

Ci sono momenti che aprono le porte a mille emozioni. Li riconosci. Portano con sè uno strano silenzio, carico di tensione. Li vivi mantenendo la calma, ma sapendo a priori quanto sarà difficile rimanere centrati. Basta una parola, una frase a rompere il silenzio e a creare al tuo interno un vero e proprio cataclisma emotivo. Eppure lo sapevi. Conoscevi la tua paura e le tue debolezze. Eppure il riconoscerle nuovamente in quelle parole è traumatico. Ci avevi lavorato tanto. Eri quasi certo di averle trascese. Ma il passaggio non era ancora completo. C'era ancora qualcosa che non avevi voluto vedere in te. E lo scoprirlo, così di botto, ti congela, ti irrigidisce, ti lascia muto in un altro silenzio, carico di pensieri, riflessioni, di parole non dette. E ti chiedi se il proferire quelle parole ti avrebbe fatto stare meglio: ma nel cuore sai bene che non avrebbe fatto alcuna differenza, nè per te nè per l'altro. Allora ingoi l'amaro boccone, trasformandone il sapore in crescita. L'appartenenza non significa identificazione. Ora lo sai bene. I binari prefissati dell'educazione possono essere abbandonati. L'hai fatto più volte, cercando direzioni opposte di compensazione. L'amara conferma trova in quella scelta la sua risposta. Non è il rifiuto a crescerti, ma l'equilibrio. E come un funambolo torni a camminare sul filo teso dal tuo cuore.



Foto di Suparerg Suksai da Pexels






lunedì 8 agosto 2016

QUANDO SI VORREBBERO TIRARE I REMI IN BARCA ...

Ci sono quei giorni ... quelli tristi, disillusi, stanchi. 
Quelli in cui la tua mente vorrebbe cedere i remi della barca a qualcun altro per riposarsi un poco. Quelli in cui il tuo cuore vorrebbe semplicemente lasciarsi cullare dalle onde per un poco. 
Sono i giorni in cui la mente si ostina a remare controcorrente e il cuore si lascerebbe serenamente andare alla corrente. 
Sono i giorni in cui la mente ti convince di essere assolutamente indispensabile,  mentre il cuore ti riporta con umiltà alla fragilità del tuo essere uomo.
Sono i giorni della consapevolezza: quelli in cui ti ritrovi a fare i conti con le tue priorità, i tuoi valori.
Sono i giorni delle scelte, della scrematura del superfluo.
Sono i giorni della chiarezza.
Quelli in cui ti rendi conto che di molte cose ne puoi fare benissimo a meno.




sabato 6 agosto 2016

A VOLTE E' BELLO SOFFERMARSI SULLE PAROLE

Ho letto questa frase di Blaise Pascal e la ripropongo a mia volta. Non è immediata, ma analizzandola non possiamo che considerarla estremamente attuale. Essa specchia con precisione il punto focale della volubilità dell'animo umano di ogni tempo. Ad ognuno la propria riflessione.

"L'incostanza è causata dalla consapevolezza della falsità dei piaceri presenti
e dall'ignoranza di quelli assenti."



giovedì 4 agosto 2016

PERCHE' NON ESISTONO RISPOSTE ADEGUATE PER MOLTE DOMANDE?

Quante volte ci ritroviamo con domande senza risposta o con risposte inadeguate a soddisfare la nostra comprensione? 
Capita spesso. Credo faccia parte del mistero della vita e sia in relazione con la nostra maturità interiore. Sì, perchè le risposte arrivano con il tempo e sempre quando siamo pronti ad accoglierle. Magari non ci piacciono affatto, ma dobbiamo prendere atto che, oltre il velo che la nasconde, c'è una risposta che ha una lezione importante da offrirci. A volte proprio noi abbiamo scelto di indossare quel velo per percorrere un cammino di crescita e di comprensione più profonda di noi stessi. Si tratta di un velo che annebbia la nostra capacità di discernimento e che si ispessisce  grazie alle nostre paure e debolezze. Un velo che ci nasconde la realtà oggettiva  che non siamo preparati ad affrontare. Il cammino supporta la maturazione necessaria allo svelamento. 
Quando il velo cade ci avvolge una percezione di smarrimento e  di incredulità. Ci osserviamo con stupore e non ci capacitiamo della nostra prolungata cecità. 
E' il momento di fare i conti con noi stessi e di rimettere in discussione i presupposti che ci hanno indirizzato verso quel tipo di percorso. 
E' il momento dell'umile consapevolezza. 
E' il momento della scelta. 
E' il momento della trasformazione.