martedì 31 gennaio 2017

LA NON AUTONOMIA

Il tantrismo è percepire la non-autonomia.
E' rendersi conto che la corporeità, il respiro, il mentale 
sono continuamente in reazione,
che si interpongono costantemente davanti all'azione giusta.



Aamaya Hills - Sri Lanka

Eric Baret descrive il tantrismo come il presentimento di ciò che sta dietro gli stati. 
Gli stati vanno e vengono continuamente, ma li accompagna il silenzio, 
la tela di fondo sulla quale si manifestano. 
Se focalizziamo l'attenzione su questi stati, avremo solo una percezione frammentaria 
e non saremo in grado di cogliere l'insieme.  
Unicamente nell'assenza di desiderio,
 nell'apertura vuota di paura ed avidità, 
l'energia è disponibile a riflettere la coscienza. 
La percezione si avvicina allora al silenzio, all'ascolto e all'apertura. 

domenica 29 gennaio 2017

UNA NUOVA AVVENTURA

A passi sicuri inizi una nuova avventura. 
L'imprevisto ti attende e attenua le certezze.
Osservi, ascolti e impari a vivere il momento.
I passi si fanno incerti e cauti, ma non si fermano.
Ogni attimo porta con sè una lezione per conoscersi meglio.
Riconosci limiti e potenzialità del tuo essere uomo.
Accogli il sentire e ti apri alla vita che si dispiega con incrollabile fiducia.
Ogni evento è per il mio sommo bene.
Non ha importanza comprendere, cercare risposte o significati.
Essi arriveranno con il tempo.
I passi ritrovano nella fiducia la loro sicurezza
e nelle debolezze riscoprono consapevolezza e umiltà.


Sigirya - Sri Lanka



martedì 17 gennaio 2017

LA CULTURA

"La cultura è ciò che resta quando si dimentica tutto"
ha detto Emile Henriot.

Mi piace, ma lo integrerei così: puoi avere piena coscienza di ciò che sai, ma devi sempre tener presente che ciò che ignori è ancora più vasto. In un mondo in continua trasformazione, credo che la miglior cultura si manifesti quando si è consapevoli di non sapere. 
Spesso accumuliamo conoscenza e doniamo ad essa immobilità catalogandola negli schemi mentali che ci appartengono. Questo atteggiamento supporta chiusura mentale e giudizio.
Personalmente, trattengo  quanto ho imparato attraverso l'esperienza fino al momento in cui una nuova esperienza non lo mette in discussione e ne varia i contenuti. 
Spesse volte, in passato, ho pensato quanto fosse importante essere pronti per determinate esperienze.
Poi un paio di mesi fa, un amico e maestro di vita, Eddy Seferian, mi ha donato questo insegnamento operando nel mio cuore una vera rivoluzione copernicana: "Non si tratta di essere pronti, ma aperti".
Ho accolto il suo insegnamento, l'ho interiorizzato, sperimentato e ho compreso che solo la chiusura può fermare la mia consapevolezza; una chiusura (non ha importanza se determinata dalla paura, da una debolezza o, anche semplicemente, dal giudizio) in grado di bloccare e annullare l'esperienza. Una chiusura che mi rende incapace di aprirmi alla vita, al suo mistero e alla sua bellezza. 
Così, ora, quando percepisco in me un blocco, centro tutto il mio lavoro sull'apertura.
Non è mai semplice superare un blocco che ci appartiene in quanto presuppone un grande lavoro di scavo e di pulizia.
Si tratta, infatti, di entrare nel mare in tempesta di un'interiorità in subbuglio mantenendosi aperti all'esperienza. 
E' facile perdersi nel buio delle proprie resistenze e agitarsi: l'apertura è ascolto, è capacità di affondare nell'esperienza per osservarla, comprenderla, elaborarla e trascenderla.
Il movimento è  interiore e  l'immobilità esteriore ne è il corollario: l'apertura è esperienza che si manifesta, è vita che prende forma.




venerdì 13 gennaio 2017

BUONGIORNO SUBLIMATO

Oggi apro facebook e leggo il buongiorno di un amico, Nick Murdaca:

"Svegliarsi alle 7:00
Leggere per caso una citazione: "Chi può dire dove finisce la pioggia e comincia la malinconia?" di Murakami
Essere destato, a distanza di 2 ore, dalla voce nella testa che domanda: se la pioggia, che è acqua, suscita in alcune persone malinconia; la neve, che è acqua ghiacciata cristalizzata, riporta alla gioia e alla magia di vedere fuori dalla finestra un paesaggio imbiancato... la gioia è malinconia che ce l'ha fatta? ;-)
#Buongiorno (sublimato)"

Mi diverte e immediatamente rispondo al saluto : 
"Buongiorno! Filosofeggiando, la gioia è malinconia che ce l'ha fatta o immobilità che mi riporta in armonia con l'ambiente? Guardando alle cose cambiando prospettiva."

Ed inavvertitamente porto con me il seme di quel pensiero, mentre esco ad occuparmi di asini e capre e calpesto il sottile strato di neve caduto nella notte. C'è il sole e l'aria fredda sulla pelle mi fa sentire bene.
Così torno a pensare alla gioia: a come è cambiata con il passare degli anni. 
Quando ero bambina non  vedevo l'ora di inserirmi nel candido paesaggio innevato per creare pupazzi di neve e igloo o per dar vita a interminabili battaglie a palle di neve  o a splendidi angeli disegnati  sul bianco manto nevoso muovendo braccia e gambe. Ed ecco riaffiorare alla memoria le discese con lo slittino, le prime cadute sugli sci e gli assaggi di neve! 

Ora mi accontento di guardare dalla finestra il paesaggio imbiancato  e gioisco del silenzio e della pace che porta con sè.

L'entusiamo e il movimento dell'infanzia sembrano scomparsi. Guardo alla mia vita e vi ritrovo una passività che alla bambina di allora non apparteneva affatto. Questo mi fa riflettere.

Così decido di ritornare a giocare:  i cani nella neve non aspettano altro. 
Il sole è sempre più luminoso e per un attimo mi sembra di toccare il cielo. 
La gioia delle piccole cose.


mercoledì 11 gennaio 2017

AVEVO DIMENTICATO

"Avevo semplicemente dimenticato che non è sempre conveniente dire la verità a chiunque, 
che ognuno capisce secondo il suo modo di pensare (la sua programmazione interna) 
e le sue abitudini, 
che il vero inusuale "non passa" senza un mare di spiegazioni 
e che le persone che pongono domande non sempre sono interessate a conoscere le vere risposte,
poichè ogni domanda non è necessariamente una vera domanda, 
ma spesso semplicemente l'occasione di uno scambio sociale leggero, 
una "conversazione all'inglese": 
" Che bel tempo oggi - Sì, il tempo adatto per questa stagione."


Leggendo questa riflessione, ho sorriso. Avevo dimenticato ...
www.ildiamantearcobaleno.com

venerdì 6 gennaio 2017

L'UOMO PRIMITIVO E NOI


La coscienza deve sempre sostituire la risposta istintuale con una sua azione, diversa per natura e per orientamento, perchè la reazione istintuale ha una dimensione collettiva che è necessariamente in contrasto con le finalità individuali dell'Io e con la sua conservazione.
L'adattamento dell'istinto alla situazione individuale è spesso insufficiente; l'istinto infatti è utile a un livello primitivo per un Io primitivo, mentre risulta estremamente dannoso per un Io sviluppato. Per esempio, una reazione emotiva che spinga a uccidere può essere utilissima per un selvaggio nella foresta;  ma nella vita normale dell'uomo civilizzato essa risulta, salvo che nella guerra, non solo inappropriata, ma decisamente pericolosa. La psicologia delle masse ci ha tragicamente insegnato quanto possa essere insensata e letale per l'Io l'azione degli istinti, anche nei casi in cui operi nell'interesse del collettivo.


La lettura del volume di Neumann è molto stimolante e mi induce a pormi un sacco di domande. Nel blog precedente (IL BRANCO, IL GREGGE E NOI) ho analizzato la passività individuale degli appartenenti al gruppo. Passività che si manifesta con una rinuncia al discernimento e all'assunzione di responsabilità per delega al "capo" o al "guru" di turno. Tale passività porta l'individuo ad allontanarsi dal proprio corpo e dal proprio sentire immergendolo in una sorta di sonno ipnotico (o di schiavitù) che apre le porte a reazioni istintuali ed emotive scatenate da una mente fuori controllo.
L'uomo è passato da uno stato primitivo di reattività totale ad una situazione di apatia che, adeguatamente manipolata dal carisma del "capo" di turno, lo riporta alle origini rendendolo schiavo della propria emotività. A caratterizzare le due posizioni una totale assenza di libertà.
Considerando che la consapevolezza matura al riparo delle componenti emotive, risulta evidente quanto sia difficile uscire dalla situazione di sonno ipnotico per chi vi è finito dentro.
Questa riflessione mi porta a supportare ulteriormente l'intuizione che ebbi con la stesura de IL RITMO DEL CORPO - Ed. Mediterranee.  
Con IL CORAGGIO DI ASCOLTARSI Ed. Mediterranee avevo iniziato a lavorare sull'ascolto consapevole del corpo attraverso la meditazione, ma osservando le persone avevo notato che il distacco sempre più evidente dalla propria fisicità unitamente ad una mente molto reattiva avevano reso il lavoro estrememante faticoso per la tendenza a negare l'esperienza.
Nel Ritmo proposi, quindi, un lavoro sul corpo che agevolasse la consapevolezza fisica, fondamento di qualsiasi lavoro interiore. Una pratica individuale che grazie al movimento lento e consapevole favorisse l'esperienza individuale e la rendesse innegabile. 
Con la pubblicazione del libro realizzo però un altro ostacolo: la resistenza dell'individuo dormiente a mettersi in gioco. Ho molto riflettuto su questo aspetto e, in particolar modo, su come trascenderlo. 
In effetti la spiritualità dilagante fa leva sull'illusione e su greggi importanti ed è un sistema difficilmente scalfibile.
Mi sono data una risposta: pazienza e osservazione.

giovedì 5 gennaio 2017

IL BRANCO, IL GREGGE E NOI


Circa la fusione dell'individuo nel gruppo e della coscienza egoica nell'inconscio, riportiamo un'interessante osservazione di W. Trotter a proposito del gregge:

La reazione appropriata dell'individuo è di rispondere a un impulso ricevuto dal gregge e non direttamente al motivo reale di allarme. Sembra sia in questo modo che l'individuo è posto al riparo dal provare un'emozione paralizzante di paura, la quale può raggiungerlo soltanto nella forma della passione attiva e formidabile del panico.
....

Sebbene l'interpretazione teleologica di Trotter sia opinabile, dato che la reazione collettiva può anche indurre l'individuo a mettersi in situazioni pericolose o addirittura esiziali, tuttavia il fenomeno merita di per sè attenzione. Nella situazione originaria ogni componente del gruppo è sintonizzato più sul gruppo che non sul mondo esterno; esso è orientato verso il gruppo, dal quale dipende per le sue reazioni. Non è tanto l'individuo che determina direttamente il suo rapporto con il mondo esterno, quanto piuttosto l'entità immaginaria "gruppo" che si incarna nel capo o, tra gli animali, nell'animale guida, la cui coscienza supplisce a quella dei componenti del gruppo.




Questo estratto di Neumann mi ha fatto ricordare le esperienze più volte vissute durante la stesura della mia tesi osservando il comportamento dei daini. Il daino dominante è l'animale che permette al branco di pascolare con tranquillità mantenendosi vigile e attento. Esso utilizza la coda, come segnale facilmente visibile e adottabile, per avvisare il branco di un eventuale pericolo (la coda smette di muoversi spontaneamente e si mantiene fissa e orizzontale) o della necessità della fuga (la coda viene sollevata verticalmente mostrando la zona bianca e nera). Appena il segnale viene dato, tutto il branco lo adotta e reagisce di conseguenza.
Leggere le parole di Neumann mi ha fatto ripensare a questo comportamento istintivo e a come la natura abbia adottato, nella sua semplicità, un modo per tutelare la collettività attribuendo il ruolo di dominante all'animale più forte ed evolutivamente più adatto.
Se osservo la scena nuovamente, è evidente quanto l'entità immaginaria gruppo si affidi con totalità alla coscienza dell'animale dominante. Il gruppo svolge un ruolo in qualche modo "passivo" rispetto all'animale guida "attivo".
Dove voglio andare a parare? Sugli umani naturalmente.
Quella frase "la coscienza del capo supplisce a quella dei componenti del gruppo" mi sembra quanto mai attuale. La passività del gruppo dinnanzi alle scelte di colui che è stato eletto "capo" o "guru" di turno crea un'energia difficilmente scalfibile. Il singolo, appartenente al gruppo, che contesta la scelta opinabile del "capo" di turno, viene solitamente espulso o escluso dal gruppo dai membri dello stesso.
Possiamo osservare la passività di cui sopra nella nostra quotidianità tante volte: nella famiglia, nella scuola, nell'ambiente lavorativo, politico o religioso. Come se la scelta di un punto di riferimento carismatico, fosse intimamente collegata alla rinuncia alla propria capacità di discernimento. Come mai questo avviene? Forse  questo comportamento prese forma proprio per le ragioni di cui sopra, ma con lo sviluppo della coscienza dell'individuo, a mio avviso, continua ad essere radicato per motivi differenti, quali la paura ad assumersi la responsabilità di una scelta o una diminuita capacità di discernimento. Senza accorgercene, tendiamo ad assumere comportamenti sempre più passivi e slegati dalla fisicità (la tecnologia ha facilitato e sostituito molte attività fisiche legate alla quotidianità - lavare i piatti, ad esempio, o andare a piedi o in bicicletta), allontanandoci sempre più dal contatto con il nostro corpo. Per supplire a questa carenza di movimento, vi è poi la tendenza a praticare attività aerobiche intense che non facilitano a loro volta un ascolto del corpo. Questo distacco dalla fisicità ha permesso alla mente di prendere il sopravvento, allontanandoci dallo strumento più adatto a filtrarla: il corpo. Una mente molto attiva e non filtrata dal sentire non ha come priorità il benessere psico-fisico, ma la ricerca della "felicità" attraverso il soddisfacimento di desideri ed aspettative: questa attitudine può creare confusione per il labirintico sistema del nostro modo di pensare. E quando siamo confusi, diventiamo passivi: non abbiamo chiarezza sulle scelte da attuare per i troppi elementi in esse coinvolti e ci blocchiamo. (E' infatti il corpo a rimandarci con naturale spontaneità: questo ti fa stare bene, quest'altra cosa non ti fa stare bene, rendendo la scelta semplice e diretta.) Il blocco crea passività ed essa richiama altra passività: inevitabilmente la non scelta  è comunque una scelta che regala il nostro potere personale ad altri. L' affidarsi al "capo" di turno incrementa così l'atteggiamento passivo e ci rende  schiavi del sistema che noi stessi abbiamo creato.
Gente strana noi umani.

Questo blog non è semplice, lo so bene. L'intento con cui è stato scritto è quello di offrire spunti di riflessione personale e di dialogo. Mi piacerebbe conoscere il vostro punto di vista.



lunedì 2 gennaio 2017

E' INIZIATO UN NUOVO ANNO

Un nuovo anno di buoni propositi.
Un nuovo anno carico di aspettative e desideri.
Un nuovo anno denso di significati.
Un nuovo anno, una nuova illusione.
Ormai viviamo al futuro
proiettati su ciò che vorremmo cambiare
senza aver la forza di cambiarlo veramente.
Scappiamo da un passato che ci sta stretto 
e ci scrolliamo da un presente difficile
sognando un futuro migliore.
Ci accontentiamo di una vita virtuale
semplice da cancellare, modificare o alleggerire con un pensiero illuminato.
E così è iniziato il 2017.
Con la rabbia della frustrazione, della violenza e del disagio.
Rabbia di fuoco a incendiare le menti e inaridire i cuori.
Non esiste un domani di cambiamento.
La trasformazione avrà inizio
quando prenderemo in mano le redini del nostro presente
senza perderci in voli pindarici.
La trasformazione avrà inizio
quando utilizzeremo il fuoco di quella rabbia
per bruciare i vecchi schemi e le abitudini che ci ostacolano e ci limitano.
La trasformazione avrà inizio
quando l'energia di quel fuoco sarà intento e realizzazione.
Sono le piccole cose a fare la differenza,
basta iniziare.