sabato 30 agosto 2014

PERCHE' SI HA PAURA DI CAMBIARE?

Ci avete mai pensato? 
Spesso si fissa il proprio equilibrio su punti di riferimento esterni, quali la famiglia, il lavoro, le amicizie ... e quando qualcosa cambia ci troviamo persi e confusi.
Il cambiamento è insito nella vita stessa: la crescita e l'evoluzione si sviluppano proprio attraverso di esso. Il pensiero di poter controllare la realtà che si dispiega si basa sull'illusione di poter controllare la vita stessa avendo la capacità di dirigerne il flusso. Questo atteggiamento è molto presuntuoso, e sottende un inconscio desiderio di onnipotenza ;-)
Partendo dal presupposto che tutto fluisce, indipendentemente da noi, cosa ci rende così instabili nel vivere il cambiamento?
La mancanza di centratura interiore è sicuramente determinante: se fissiamo il nostro equilibrio all'esterno siamo come le foglie di un albero ... basta una folata di vento un po' più forte del solito e ci troviamo per terra. Se ricerchiamo la nostra stabilità affondando profonde radici nella terra, il nostro albero crescerà equilibrato e forte, perché trarrà la sua energia dall'interno e quando l'autunno arriverà, lascerà andare le sue foglie accogliendo il susseguirsi delle stagioni con naturalezza.
Analizziamo a questo punto anche la paura di ciò che non si conosce, altro parametro che gioca a nostro sfavore di fronte al cambiamento: se siamo saldi nelle nostre radici non ci mancherà la sicurezza necessaria a vivere ogni trasformazione con serenità. Se invece scegliamo di essere una fogliolina ... ecco che il vento ci farà sentire terribilmente in balia degli eventi, esposti, vulnerabili, impauriti e ci aggrapperemo con tutte le nostre energie all'illusione che nulla possa cambiare mai.




venerdì 29 agosto 2014

ARRENDERSI ALLE PROPRIE DEBOLEZZE

Spesso diventiamo giudici feroci di noi stessi. Le nostre paure e debolezze divengono mostri di dimensioni colossali. Il confronto diventa dolore allo stato puro. E iniziamo a demonizzare i nostri limiti, a rifiutarli, a ridicolizzarli o a far finta che non esistano. Questo non li rende meno nostri, perché inevitabilmente la quotidianità ci porterà a vivere situazioni che li faranno emergere, facendoci stare male. 
Abbiamo l'abitudine di vedere negli altri le immagini perfette che tentano di trasmetterci o quella che noi stessi abbiamo idealizzato osservandoli. E inevitabilmente percepiamo noi stessi come delle nullità. E viviamo nella nostra dorata illusione che gli altri non vivano le nostre stesse paure o debolezze o che siano in grado di gestirle molto meglio.
In effetti il mondo è pieno di ghiaccioli. Colorati, gustosi, accattivanti, ma pur sempre ghiaccioli. Mi piace definirli così, con simpatia. Chi sono i ghiaccioli? Quelli che si sono talmente calati in un ruolo da perdere di vista il fatto che stiano recitando. Quelli che hanno eretto così tante barriere per difendersi dagli altri e dal dolore che sembrano tutti d'un pezzo. Quelli che fuori fanno gli splendidi e dentro hanno l'inferno. Quelli che gli va sempre tutto bene, quelli che hanno la famiglia o il fidanzato perfetto, i figli geniali, educati e obbedientissimi (congelati anche loro ovviamente... provate a vivere in mezzo al ghiaccio e vi costruirete un igloo per forza di cose). Quelli che i problemi non sanno cosa siano, che la malattia non esiste. Quelli che brillano d'immenso e illuminano gli altri. Quelli che salgono in cattedra e dispensano soluzioni alla massa ignorante. 
Quelli che ti fanno sentire "troppo umano" per reggere un eventuale confronto.
Personalmente ho smesso di confrontarmi da un bel po', mi sono rimboccata le maniche e ho iniziato a fare i conti con le paure e le debolezze che mi appartengono. Ogni giorno imparo qualcosa di nuovo e ogni giorno scopro che il lavoro non è mai finito. Questo è il viaggio. 
E' anche vero che con l'aumento della consapevolezza e l'accettazione ho imparato a viaggiare più leggera e a guardare alle cose con maggiore distacco e oggettività. Sono cresciuta e maturata. E ho realizzato l'illusione che per tanti anni  ha rappresentato il bagaglio a mano che mi sono portata dietro con instancabile tenacia. Non è mai tardi per cambiare.
Buon viaggio, viandanti in cammino.



mercoledì 27 agosto 2014

NUOVI SEMINARI DI QI GONG DAOYIN YANGSHENG BANG


L'Associazione Culturale "CENTRO PER LO SVILUPPO EVOLUTIVO DELL'UOMO" 
a Cigliano in via Collerina 15 - VC - è lieta di annunciarvi :


l'inizio dei nuovi seminari con cadenza mensile (un sabato al mese dalle 9,00 alle 12,30)


di "Qi Gong Daoyin Yangsheng Bang col bastone corto" con il Maestro Emilio Martignoni

sabato 18 Ottobre 2014 dalle 9,00 alle 12,30

Per chi lo desidera, nel pomeriggio si integrerà il Qi Gong (a cura di Emilio Martignoni) con la meditazione (a cura di Donatella Coda Zabetta) per un lavoro consapevole attraverso l'utilizzo del corpo.

Per informazioni ed iscrizioni : 
www.salutemigliore.it

Daoyin yangsheng gong (導引養生功) è una ginnastica tradizionale per la salute, un metodo di qigong creato dal professore Zhang Guangde (张广德) dell’Università dello sport di Pechino.

Dopo il 1974 è diventato uno dei qigong più popolari in Cina e nel mondo. Il prof. Zhang Guang De ha insegnato il suo metodo in più di trenta paesi con l’intento di renderlo accessibile a tutti, adulti, anziani, giovani e malati.

Riconosciuto in Cina dal Ministero dello Sport e dal Ministero della Salute, ma anche dall’Associazione cinese di wushu e dalla Chinese Health Qigong Association , questo metodo viene insegnato nelle università dello sport di Pechino e nelle facoltà di medicina tradizionale cinese.

Uno dei metodi più praticati soprattutto per i suoi effetti estremamente benefici sulla salute è il Daoyin col bastone.

I bastoni sono tra i primi strumenti utilizzati dagli esseri umani.

Nella cultura tradizionale cinese della salute per molto tempo il bastone è stato utilizzato come strumento per gli esercizi di pratica corporea.

Nei diagrammi raffiguranti i movimenti del Daoyin, ritrovati nella tomba di Mawangdui che risale alla Dinastia Han (206 aC-220 dC) a Changsha nella provincia di Hunan, ci sono alcune figure, in diverse posizioni, che brandiscono un bastone. Sono di gran lunga il primo documento in cui si insegna alla gente come mantenersi in forma attraverso degli esercizi col bastone.

Presso il Centro per lo Sviluppo Evolutivo dell’Uomo di Cigliano (VC) si terranno dei corsi mensili di

DAOYIN COL BASTONE CORTO (Daoyin Yangsheng Bang) tenuti da Emilio Martignoni.

Questa forma di Daoyin rafforza l’equilibrio e fluidifica tutti i liquidi del corpo, combatte le stagnazioni del Sangue e quelle linfatiche. Il bastone agisce come un pendolo che nel movimento regolare e reciproco riporta l’equilibrio al centro del corpo. L’uso del bastone rende questo qigong particolarmente divertente e gioioso. L’equilibrio del corpo aiuta allo stesso tempo anche l’equilibrio della mente: la pace, la serenità, la calma e l’armonia tra l’interno e l’esterno delle persone.

Il bastone dovrebbe anche aiutare ad allungare i muscoli e a rafforzare le ossa, massaggiare gli agopunti, liberare i meridiani ed attivare gli organi interni. Se durante l’esercizio spostiamo il bastone e massaggiamo il nostro addome siamo in grado di stimolare ulteriormente gli organi interni, rafforzando così gli effetti sul corpo della pratica col bastone.

Con i movimenti del corpo guidati dal bastone, ed in particolare attraverso la rotazione dei polsi e della colonna vertebrale, ed anche allungando la parte superiore della schiena e le spalle, siamo in grado di stimolare la circolazione del qi e del sangue, rilassare i muscoli e le ossa per equilibrare lo yin e lo yang, mantenersi in forma e sani.

A tutti i partecipanti verrà fornito il bastone ed un CD con l’esecuzione delle forme di 8 + 8 esercizi, oltre che una breve dispensa con la sintesi di ogni movimento.


martedì 26 agosto 2014

INFINITAMENTE SOLI

La solitudine è una rosa del deserto. 
Non il minerale a cui facilmente si pensa, ma il meno conosciuto Adenium obesum, una pianta con base rigonfia, formata sia dalle radici che dal fusto, con il compito di immagazzinare l'acqua. E con bellissimi fiori di colore rosa, bianchi o cremisi con  margini esterni più scuri. I fiori sono seguiti da frutti verdi bilobati.
Questa piantina cresce nei luoghi più inospitali del pianeta: i deserti. In solitudine. E' longeva e resistente alla siccità. E' di una bellezza e di una ricchezza strepitosa.
Mi ricorda l'uomo, nel suo solitario percorso verso la consapevolezza. Deve attingere dentro di sè la forza e la flessibilità per affrontare i vari passaggi. Tutto è già presente in lui. Le sue salde radici e l'accoglienza di Madre Terra sono il fondamento della sua crescita verso il Sole, il Padre. Terra e Sole gli appartengono profondamente. Deve solo riscoprirli all'interno di sè per poter fiorire manifestando la perfezione della sua essenza e fruttificare condividendo i doni della sua realizzazione nella realtà materiale.
Questo cammino, chiamato vita, è un'esperienza meravigliosa.
La solitudine ne è un corollario importantissimo: la crescita e la maturazione possono dispiegarsi solo interiormente.
Senza disperdere energie all'esterno alla ricerca di conferme o di tentativi tesi al soddisfacimento di infinite aspettative. 
Solo lasciando cadere l'illusione, si manifesta la libertà dell'essere nella sua pienezza. 






domenica 24 agosto 2014

PERCHE' ADORIAMO SENTIRCI RESPONSABILI PER GLI ALTRI?

Quante volte abbiamo addotto la giustificazione di sentirci responsabili per gli altri ai nostri comportamenti? Quanto ci fa stare bene quest'idea e quanto ci fa sentire importanti, oltre a farci assurgere al ruolo di coloro che si sacrificano per il bene comune? 
E se fosse tutto una pia illusione? Per supportare il nostro bisogno di controllo e di potere? 
Cos'è la responsabilità?  Sono responsabile quando compio una scelta e me ne assumo l'impegno.  Proprio attraverso la scelta e la presa di coscienza legata alla stessa posso sperimentare, conoscermi meglio e crescere. 
Con quale diritto, quindi, posso scegliere per un'altra persona adulta? Se la rispetto e la accetto per com'è, ne accoglierò anche le scelte. Condivisibili o meno. 
Quando voglio imporre le mie scelte ad altri pecco di presunzione. Non li rispetto e non permetto loro di fare esperienza.
"Si raccoglie ciò che si è seminato" dice un antico proverbio... nato molto probabilmente dall'osservazione della natura. Gli agricoltori ben conoscono la responsabilità, l'impegno e la dedizione necessari ad ottenere un buon raccolto. 
C'è sempre un rapporto di causa-effetto tra le azioni compiute dall'uomo, proprio perché sbagliando si impara e attraverso l'esperienza si diviene più consapevoli. 





sabato 23 agosto 2014

PERCHE' AMIAMO TANTO PREOCCUPARCI?

Perché abbiamo l'abitudine a preoccuparci un po' per tutto? Dobbiamo essere totalmente immersi in qualcosa che ci piace per dimenticarci ...di preoccuparci. Altrimenti la mente inizia a vagolare sul da farsi rinvangando il passato, ipotecando il futuro e perdendosi ... il presente. Difficilmente la nostra attenzione si focalizza sul qui e ora. E' un'attenzione agitata. Confusa da mille pensieri. Il binario della nostra vita non ammette deviazioni verso direzioni sconosciute. Deve essere tutto sotto controllo. L'imprevisto ci destabilizza. Il nuovo ci spaventa. Ma non ci siamo mai soffermati a pensare alla monotonia di una realtà sempre uguale a se stessa. Senza movimento e senza crescita. Ci piace stare abbarbicati alle nostre abitudini e ai nostri schemi mentali. Solo quando viviamo il dolore vorremmo che tutto cambiasse, di punto in bianco. Bella coerenza. Quando siamo sereni invece viva la rigidità e l'immobilità. Ma la vita ci sorprende ogni giorno e in questo è la sua bellezza. Ci porta a rimetterci in discussione, a confrontarci, a crescere. Per imparare ad amarci e ad amare. Per insegnarci il rispetto e l'accettazione. Con grande umiltà.



venerdì 22 agosto 2014

QUAL E' LO SCOPO DELL'EVOLUZIONE

Estratto da "Evoluzione creativa" di Amit Goswami:

- Come osservò il matematico G. Spencer Brown: "Non possiamo sottrarci al fatto che il mondo che conosciamo è costruito per vedere se stesso (e in modo tale da esserne capace), ma per poterlo fare, ovviamente deve prima dividersi almeno in uno stato che vede e un altro che è visto."
La consapevolezza, ovvero la separazione soggetto-oggetto, è necessaria per l'esperienza. Accettato questo principio, può essere determinato lo scopo dell'evoluzione facendo seguito a un'affermazione di Carl Gustav Jung. Tale scopo è rendere l'inconscio (ciò di cui siamo inconsapevoli) conscio (ciò di cui siamo consapevoli e che possiamo sperimentare.) -



Il mio percorso verso la consapevolezza è basato sull'esperienza e sulle facoltà spontanee che hanno permesso l'accesso alle energie sottili: ho, però, sempre ricercato con grande interesse una spiegazione al vissuto attraverso studi scientifici. Sto leggendo il libro di Goswami ed è sorprendente come la fisica e la biologia stiano aprendo le proprie prospettive verso l'immateriale. E' magnifico ritrovare quell'integrazione tra scienza e spiritualità che porto nel cuore. 

martedì 19 agosto 2014

L'ARMONIA DELL'UNIVERSO

Dire interessante è limitativo. Nel libro "IL CORAGGIO DI ASCOLTARSI" insisto tantissimo sulla coerenza pensiero-azione per essere in armonia con se stessi e con l'universo che ci circonda. Altri percorsi mi hanno condotto a comprendere quanto questa coerenza sia la via per essere in salute e quanto la consapevolezza sia uno strumento essenziale nel suo conseguimento.







venerdì 15 agosto 2014

L'EVOLUZIONE DELL'UOMO

In questi giorni sto leggendo un magnifico testo di Sri Aurobindo - L'evoluzione dell'uomo - e voglio proporne un estratto molto significativo.
Nel libro - Il coraggio di ascoltarsi - ho condiviso, a mio modo, gli stessi contenuti, in quanto l'esperienza mi ha portato a comprendere quanto il corpo fisico sia uno strumento importantissimo nel percorso verso la consapevolezza. Per questa ragione, insisto moltissimo sull'ascolto del corpo  nella quotidianità e durante la meditazione: la fisicità appartiene a tutti indistintamente ed è accessibile e comprensibile con facilità. Questo non la rende meno preziosa nel lavoro su se stessi, anzi, avendo la capacità di trascendere il filtro mentale, offre segnali diretti e mirati per aiutarci ad approfondire la conoscenza della nostra interiorità.

" Lo sviluppo della coscienza fisica è sempre una parte considerevole del nostro scopo, e il giusto sviluppo del corpo ne è un elemento essenziale; la salute, la forza, la forma fisica sono le prime cose necessarie, ma la struttura stessa del corpo dovrà essere la migliore possibile. Una vita divina in un mondo materiale richiede necessariamente un'unione dei due estremi dell'esistenza, l'altezza spirituale e la base materiale. L'anima, con le fondamenta della sua vita stabilite nella materia, elevandosi alle altezze dello spirito non abbandona la sua base, ma unisce le altezze alle profondità. Lo spirito, con tutte le sue luci, splendori e poteri, scende nella materia e nel mondo materiale e con essi  ne completa e trasforma la vita, affinché possa divenire sempre più divina. Questa trasformazione non è un cambiamento in qualcosa di puramente sottile o spirituale con il quale la materia è per sua natura inconciliabile, e da cui viene sentita come un ostacolo o una pastoia che vincola lo spirito; è un cambiamento che accoglie in sé la materia come una forma dello spirito (quantunque sia una forma che per ora lo nasconde) e la trasforma in uno strumento capace di rivelarlo; non rifiuta le energie della materia, le sue capacità e i suoi metodi, ma ne porta alla luce le possibilità nascoste, le innalza, le sublima, ne svela la divinità innata."

Ecco che il percorso verso la consapevolezza si trasforma innanzi a tutto in un percorso verso il  benessere psico-fisico raggiunto grazie alla riscoperta dell'armonia naturale insita in noi.




giovedì 14 agosto 2014

ROBIN WILLIAMS

A volte si leggono notizie che ci lasciano tristi e confusi. Notizie con il potere di ribaltare miriadi di schemi mentali e convinzioni. La morte di Robin Williams è una di queste. Un attore formidabile, con la capacità di vivere il personaggio con una tale intensità da renderlo reale. Un attore famoso, di successo. Chi lo ha conosciuto grazie al suo lavoro non può che custodirne un ricordo speciale nel cuore: sia per la bravura nella recitazione che per i ruoli che ha scelto di ricoprire in carriera. Ruoli importanti, in grado di trasmettere messaggi importanti. 
Secondo i parametri del materialismo imperante la domanda più scontata è stata proprio quella volta a comprendere cosa mancasse ad un uomo di così grande successo per essere felice. 
La risposta è diretta e senza fronzoli: potere, fama, successo e ricchezza materiale non regalano la felicità. Crolla l'illusione dei nostri tempi, caratterizzati dalla frenetica corsa verso l'avere sempre di più, instancabilmente.
Per quanto mi riguarda, a lasciarmi destabilizzata è stata la scelta di farla finita. Ovviamente non conoscevo la persona, ma l'attore Robin Williams e i suoi ruoli. Forse erroneamente, ma credo che   a legare insieme recitazione e copioni sia stata una profonda sensibilità dell'uomo, Robin Williams. Sensibilità che ognuno di noi ha potuto apprezzare osservandolo recitare ed ascoltandolo. Sensibilità che si è rilevata un'arma a doppio taglio nelle difficoltà della vita, rendendolo fragile, affranto ed esausto di fronte al mondo. Incapace di rammentare che era salito sulla cattedra per ricordare a se stesso che si deve sempre guardare alle cose da angolazioni diverse ... e il mondo appare diverso... Incapace di ribellarsi alla mente e ai suoi pensieri cupi per non affogare nella disperazione. Incapace di osare e di cercare nuove strade per cambiare prospettiva, per vedere la Luce alla fine del tunnel. Perché quella Luce esiste, ma perso nella sua angoscia solitaria, non è stato in grado di scorgerla. E si è arreso. Non si è arreso alla vita, ma alla morte. 
Sono riuscita a scrivere queste parole solo oggi. Non credevo di poter provare tanta tristezza. 
Passato il momento di smarrimento, vorrei dare un significato a questo gesto.
Vorrei rivolgermi a chi è triste, depresso, angosciato e si sente solo e smarrito di fronte al dolore ripetendo le splendide parole che l'attore Robin Williams ha recitato con grande intensità salendo in cattedra. Purtroppo l'uomo Robin Williams le ha dimenticate proprio nel momento in cui ne avrebbe avuto più bisogno.  
Grazie Robin per quello che hai saputo trasmettermi in vita.  
Con la tua scomparsa ho compreso che non bisogna mai arrendersi alla morte ... ma è importante trovare il coraggio di ascoltarsi e di guardare alle cose cambiando prospettiva, sempre, e soprattutto nel dolore... per imparare ad arrendersi sì, ma alla vita. 
Perché proprio nel cuore è racchiusa quella Luce così importante, quella che indica la fine del tunnel e rappresenta l'amore: lo hai cercato disperatamente fuori di te, dimenticando che l'amore più completo è quello verso se stessi.




domenica 10 agosto 2014

SCHEMI MENTALI E ATTACCAMENTI

Schemi mentali e attaccamenti sono ostacoli importanti lungo il percorso verso la consapevolezza.
L'educazione, la società, la religione hanno importato nella vita di ognuno credenze e convinzioni così radicate da suscitare un gran senso di colpa a frenare il tentativo di lasciarle andare.
Spesso quando diveniamo consapevoli di quello che siamo e che vorremo per noi stessi, ci troviamo a dover fare i conti con quello che ci appartiene senza rappresentarci. Maschere, ruoli, convinzioni, abitudini. E innegabilmente ci troviamo di fronte ad una scelta: cambiare e liberarci da tanti schemi o continuare imperterriti lungo la via conosciuta. Ovviamente, trattandosi in questo caso di scelta consapevole, ogni sofferenza, determinata dal non potersi esprimere come vorremmo, è stata volontariamente preferita al cambiamento. E sarebbe opportuno evitare di lamentarsi continuamente e assumersi la responsabilità della scelta fatta.
Cosa interviene a turbare la scelta? La paura del cambiamento, il senso di colpa nel "rinnegare" gli insegnamenti ricevuti (non è mai così, ma la nostra mente è fenomenale nel convincerci del contrario!), l'insicurezza (che ci rende vulnerabili al giudizio di chi ci è vicino) e la razionalità (che antepone l'illusoria sicurezza materiale al benessere psico-fisico).
Si tratta di una vera e propria prova di coraggio a quanto pare.
Il coraggio di ascoltarsi e guardare alle cose cambiando prospettiva ;-)





sabato 9 agosto 2014

PERCHE' E' COSI' DIFFICILE LASCIARSI ANDARE?

Quante volte scopriamo, magari anche con sorpresa, che situazioni o emozioni che pensavamo di aver lasciato andare, sono ancora ben presenti in noi?
Basta una parola, uno sguardo, una banalità a riportare alla luce quello che la nostra mente ha sepolto sotto spesse coltri per non soffrire. Nella nostra inconsapevolezza abbiamo vissuto l'illusoria serenità generata dalla sepoltura del disagio nella  convinzione di averlo trasceso.
Il lasciar andare è un passaggio che ci tocca in profondità proprio perché, per cultura, tendiamo a viverlo come rinuncia a qualcosa che ci appartiene ... senza soppesare con consapevolezza l'impatto che produce sul nostro benessere. 
Quante volte abbiamo trattenuto una relazione, un lavoro, un impegno fino allo sfinimento per paura di lasciarlo andare? E quante volte abbiamo vissuto la leggerezza che la risoluzione dello stesso ha generato? E quante volte ci siamo detti ... "Quanto era immotivata tutta quella paura!"
E quante volte, ritrovandoci in situazioni similari, ci siamo nuovamente lasciati attanagliare da quella irrazionale paura del cambiamento?
Gente strana, noi umani ;-)



giovedì 7 agosto 2014

DOLORE E RABBIA

Spesso quando proviamo dolore, alla radice è presente un'emozione di rabbia. 
La dinamica mentale del dolore ci porta a giustificare il disagio proiettando all'esterno l'origine del nostro malessere. Questo processo è automatico ed è volto a rendere sostenibile una sofferenza interiore troppo dolorosa: questa attitudine inevitabilmente scatena un'emozione di rabbia verso la situazione o la persona che riteniamo esserne la causa. La rabbia e la frustrazione divengono, quindi, il naturale sfogo del nostro malessere. 
Cosa accade al di là della superficie? Questa rabbia ci appartiene profondamente e il dolore ha la sua fonte all'interno di noi stessi. Ci rende molto arrabbiati e sofferenti realizzare che gli eventi esterni siano così dolorosi proprio perché sono andati a specchiare un nostro disagio profondo. Essere arrabbiati con se stessi per una propria paura o debolezza non accettata è fortemente autodistruttivo, così ci si illude che scatenando esternamente la propria rabbia ci si possa sentire meglio. 
L'unico modo di stare meglio è prendere consapevolezza di dover lavorare in profondità su se stessi e procedere con un faticoso e doloroso processo di accettazione di quello che siamo. 
Solo in questo modo non ripiomberemo nuovamente nella stessa situazione, rivivendo il dolore per poterlo trascendere. 
La presa di coscienza è il primo passo verso la guarigione, perché solo lo scioglimento delle dinamiche che ci legano all'esterno e che permettono a situazioni e persone di farci soffrire, specchiandoci, ci renderà liberi di essere.



martedì 5 agosto 2014

FRENESIA


Stamattina mi sono svegliata con questa parola in testa e ho scelto di meditarci sopra. 
La frenesia è divenuta, purtroppo, una compagna fedele della nostra quotidianità: apriamo gli occhi e la nostra mente (interessante la derivazione - dal lat. mediev. phrenesia, lat. class. phrenēsis, gr. ϕρένησις, der. diϕρήν ϕρενός «mente»!) va già a mille snocciolando a raffica gli impegni della giornata. Posiamo i piedi per terra e iniziamo a correre "freneticamente" rinunciando inconsapevolmente ad assaporare il gusto della vita. E via di automatismi, guardiamo l'ora ed è già mezzogiorno. E diventiamo ancora più "frenetici". Tanto che al termine della giornata lavorativa questa frenesia è parte integrante del nostro essere e per non continuare a correre stacchiamo la mente sprofondandoci in qualcosa che stoppi il flusso dilagante dei pensieri. Magari è anche qualcosa che ci piace molto, ma la finalità con cui ci avviciniamo all'attività scacciapensieri non ci permette di godercela fino in fondo. 
Forse si potrebbe pensare che stia esagerando ... e forse per sfida l'ho fatto ... ma esiste una verifica molto semplice per verificare lo stato di frenesia individuale: sono capace di sedermi e rilassarmi senza fare nulla anche solo per 10 minuti ogni giorno? La mente cessa di pormi davanti agli occhi le cose non fatte, i problemi irrisolti, le paturnie giornaliere ... anche solo per 10 minuti ogni giorno?
Il divenirne consapevoli è il primo passo verso il cambiamento.





lunedì 4 agosto 2014