giovedì 23 gennaio 2020

SIAMO DIVENTATI CUBICI

Siamo diventati cubici. Ci avviciniamo agli altri notandone gli spigoli e dimenticandoci di averli a nostra volta. Quando le risorse scarseggiano, difficilmente troviamo il modo di relazionarci in modo costruttivo: sventagliamo i nostri spigoli e spigoleggiando difendiamo il nostro spazio senza ritegno alcuno. Cubiamo solo quando troviamo nell'unione un ritorno utilitaristico: in tal caso ci impiliamo senza far storie per raggiungerlo prima. Quando l'obiettivo è raggiunto ognuno per la sua strada a perseguirne un altro. Cambiano alleanze e vie.
Cresciamo piccoli cubici a nostra immagine e somiglianza. L'eco delle nostre parole spesso si ferma all'interno del nostro cubo. Le parole degli altri aleggiano inascoltate nell'aria, rendendola irrespirabile. 
Siamo diventati cubici nelle idee, nei pensieri e nelle azioni. Ci spostiamo per schemi e ci agitiamo quando ce li cambiano. Ci piace inscatolare ogni cosa, persone incluse, ed etichettarla accuratamente.
A volte etichette simili si riconoscono e fanno fronte compatto urlando a squarciagola il loro diritto ad essere viste. Si potrebbe facilmente organizzare il gioco dei quattro cantoni: intanto nel mezzo ci finiscono sempre gli stessi, quelli che hanno i cubi fuori moda o sbilenchi o troppo colorati.
Siamo diventati cubici: vediamo pareti invece di orizzonti sconfinati e soffitti al posto del cielo.

Il cuore in affanno, soffocato nella sua scatola, batte sempre più forte per farsi sentire.



Ad uso gratuito (CCO) - Pexels

giovedì 16 gennaio 2020

BURNOUT

"Burnout" è una parola di origine anglosassone e significa letteralmente "arresto per surriscaldamento". 
E a tutti noi capita di surriscaldarci quando siamo sottoposti a situazioni di grande stress per tempi prolungati, ma, ahimè, raramente ci arrestiamo. Lo stress determina un lento e costante logorio psico-fisico di cui spesso non siamo consapevoli. Ci sentiamo scarichi ed esauriti, ma poche volte comprendiamo quando è il momento di fermarci e compensiamo le conseguenze del nostro crollo con meccanismi di difesa tesi a sostenere lo stress senza soccombervi.
Diventiamo intolleranti alle difficoltà, insensibili, demotivati e indifferenti oppure aggressivi e ancor più focalizzati sullo stato di necessità del fare perché deve essere fatto.
A livello fisico ci sentiamo a pezzi, ma continuiamo imperterriti a correre. Non avendo energie sufficienti per sostenere la nostra frenetica corsa, corriamo scomposti e reattivi investendo senza ritegno chi ci capita a tiro. 
Le emozioni a fior di pelle esplodono senza preavviso oppure si annullano in un atteggiamento robotico indifferente a tutto.
L'ambito relazionale è sicuramente quello che risente maggiormente della nostra "fusione". Possiamo liberamente decidere di distruggere noi stessi e immolarci per la causa, ma non siamo autorizzati a disintegrare gli altri, a mancar loro di rispetto o a trattarli come faticose incombenze da evadere.
Quando il burnout si manifesta nell'ambito della relazione d'aiuto, le conseguenze che esso comporta si fanno ancora più serie. Quando si è fragili, nel dolore e in una situazione di dipendenza fisica, emotiva o affettiva, aver a che fare con qualcuno in burnout è una condanna imposta.
L'indifferenza e la mancanza di rispetto fanno male sempre, ma divengono armi improprie nelle mani di chi si è assunto la responsabilità di occuparsi di una persona sofferente o di un bambino. Non riconoscere l'umanità dell'altro, quando l'altro è in una condizione di dipendenza e di fragilità, è un atto di inaudita violenza. 
Per questa ragione, voglio chiudere il post di oggi con poche parole su cui riflettere a fondo:

"Siate coraggiosi e fermatevi 
prima di incenerire il mondo dentro e intorno a voi".






domenica 12 gennaio 2020

TIRO AL BERSAGLIO: UN PERCORSO VERSO LA REALIZZAZIONE

Alcuni giorni fa riflettevo con un'amica, Paola Neyroz, sull'importanza del presente, inteso come consapevolezza del qui e ora. In un'epoca in cui il futuro è così incerto e fumoso, il presente acquisisce un valore determinante. Le vie che si dispiegano nel presente sono le uniche percorribili anche se non è dato sapere se saranno vicoli ciechi o strade in discesa. L'unica possibilità che ci è data è quella di attraversarle per viverne l'esperienza, affidandosi. Credo sia ormai tramontato definitivamente il concetto di controllo. Una volta si programmava tutto: incontri, impegni, investimenti... con l'illusione di poter controllare il futuro. Da qualche anno la dimensione della precarietà ha preso il sopravvento, rendendoci consapevoli dell'inevitabilità del cambiamento. 
Se focalizziamo la nostra attenzione sul presente evochiamo naturalmente un altro concetto, quello della coerenza. Le scelte del presente dipendono dalla nostra maturazione e spesso rimettono in discussione le abitudini, gli schemi educativi e sociali che ci trasciniamo dietro. Il cambiare idea non significa incoerenza, a mio avviso. L'incoerenza è la discrepanza tra sentimento e azione. Sento una cosa, ma ne faccio un'altra. Non sono fedele a me stesso e alla mia maturazione. La coerenza è sempre interiore ed è strettamente collegata al sentire e alla trasformazione individuale. Essere coerenti non significa restare sempre fedeli al passato, ma essere in armonia con se stessi e con le scelte che siamo pronti ad affrontare.
Meditando su questi temi mi è apparsa l'immagine del bersaglio del gioco delle freccette. Spesso ho assimilato il percorso verso la consapevolezza ad un cerchio. Nel bersaglio ci sono più cerchi collegati tra loro da uno spazio: mi piace identificare questo spazio con il salto nel vuoto, il cambio vibrazionale, la legge dell'ottava. Non posso passare da un cerchio all'altro senza buttarmi nello spazio-tempo che separa un cerchio dall'altro. Il centro del bersaglio rappresenta la mia realizzazione, ma per giungervi devo inevitabilmente percorrere tutti i cerchi e gli spazi partendo dai più esterni.
Per procedere devo avere coraggioresilienza (la capacità di superare un periodo difficile, un trauma, un dolore senza "rompermi"): spesso, infatti, i salti nel vuoto (gli spazi tra un cerchio e l'altro) sono anticipati da difficoltà di vario tipo in grado di fermarmi e mandarmi in crisi. 

Valgono sempre i seguenti passaggi partendo dall'inizio del primo cerchio del percorso:
Mobilità esteriore: la mia attenzione è concentrata all'esterno, nel fare esperienza. Percorro il cerchio procedendo verso il suo completamento, vivendo più esperienze.
Immobilità esteriore : la mia vita si ferma per colpa di un evento traumatico o una difficoltà in grado di destabilizzarmi e bloccare le mie scelte esterne.
Mobilità interiore:tutte le mie energie si focalizzano sull'interiorità per elaborare l'accaduto ed integrare le lezioni che l'esperienza ha portato con sè.
Maturazione: Dolori e difficoltà rimettono in discussione le visioni acquisite disgregando schemi e aprendo nuove possibilità.
Inquietudine: ho raggiunto il completamento del primo cerchio, ma non vedo ancora l'inizio del secondo. So bene di non voler tornare a ripercorrere il primo cerchio, ma non ho certezze sul percorso che mi aspetta. E' il momento del salto nel vuoto. Posso rimanere dove sono finchè la frustrazione non arriverà a livelli stellari o chiudere gli occhi e buttarmi verso l'ignoto.
Salto nel vuoto: cambio vibrazionale e presa di coscienza dell'esperienza. Trasformazione.
Mobilità esteriore: sono all'inizio del cerchio più interno e il ciclo può ricominciare su nuovi presupposti generati dalla mia crescita interiore. Sono pronto per vivere esperienze differenti e approfondire il sentire....

La rinuncia a vivere le esperienze - e le uniche possibili sono quelle che si manifestano nel presente - blocca la crescita. Quando ci fermiamo nella passività (esteriore e interiore) assomigliamo a una trottola (il loop mentale) che gira su stessa all'interno del cerchio che stiamo percorrendo. Con la mente facciamo la mille miglia, ma il nostro corpo ci rimanda un profondo disagio. E il corpo ci conosce meglio di quanto noi conosciamo noi stessi, soprattutto quando il nostro percorso è ancora vincolato ai cerchi più esterni del bersaglio.



Foto di Engin Akyurt da Pexels




giovedì 9 gennaio 2020

COLTIVARE UN SEME

Ci sono semi che nascono dentro di noi spontaneamente.
Possiamo accoglierli e prendercene cura
oppure possiamo ignorarli.
E ci sono semi che nascono dentro di noi con prepotenza:
attirano la nostra attenzione continuamente
e creano una sorta di urgenza interiore
alla quale è difficile sottrarsi.
Sono i semi della maturazione e della consapevolezza,
quelli che ci confermano
che siamo pronti a fare l'ennesimo salto nel vuoto.
La mente non vede di buon occhio
questo tipo di semi.
Sono i semi dell'espansione dell'essere,
quelli in grado di infrangere gli schemi e di spezzare le catene.
Un seme di questo tipo ha messo radici nel mio cuore un paio d'anni fa
e con il tempo è cresciuto 
risvegliando il mio femminile e rendendolo specchio di tante storie.
Storie che ho sentito di raccontare
immergendomi in esse con totalità ed empatia.
Ne è nato un romanzo.
Ieri quel romanzo ha trovato un alleato, Giancarlo Caselli,
che, insieme a me, se ne prenderà cura affinchè possa germogliare, fiorire e fruttificare
per poi manifestarsi.
I semi del cuore vanno sempre coltivati per essere condivisi
perchè nella bellezza del dono 
si nasconde la magia della rinascita.



Foto di Ben Cheung da Pexels



lunedì 6 gennaio 2020

CHE BELLO ESSERE UNA BEFANA

Auguri, auguri, auguri!
Il cellulare non smette di suonare
e accumula messaggi di tutti i tipi.
Alcuni racchiudono un abbraccio affettuoso di gloriosa sorellanza,
altri un velato insulto  a lungo trattenuto.
Li accolgo tutti e sorrido.
Mi piace essere una befana,
mi è sempre piaciuto.
Volare su una scopa e tra le stelle
in una tersa e gelida notte invernale 
non è da tutti.
Ci vuole fiducia, coraggio, immaginazione.
Bisogna sapersi innalzare tanto da smettere di identificarsi con un'immagine
riconoscendo in se stessi la magia e la meraviglia
del tutto è possibile.
Bastano una vecchia scopa di saggina,
degli abiti un po' trasandati,
qualche imperfezione
e il gioco è fatto.
Che bello essere una befana.



Foto Donatella Coda Zabetta






sabato 4 gennaio 2020

TUTTO E' POSSIBILE ALL'ALBA

Osservo il sorgere del nuovo giorno.
La luce si diffonde colorando l'orizzonte.
Tutto è possibile all'alba.
Mi fermo 
respirando l'aria fredda,
e sento la magia della bellezza
permeare il mio essere 
per espanderlo oltre i confini del corpo.
Tutto è possibile all'alba.
Mille sentieri si dispiegano davanti a me
sotto la luce del sole che nasce.
Il completamento lascia spazio ad un nuovo inizio.
Un cerchio si chiude per tornare ad aprirsi: 
cammino sulla sua circonferenza
partendo dal centro
per esplorare le infinite pieghe della mia anima
 nella manifestazione dell'esperienza.
Tutto è possibile all'alba.
Anche volare alto nel cielo rosso fuoco
senza paura.


Foto Donatella Coda Zabetta