giovedì 27 agosto 2020

VIVERE AL DI LA' DELLA PAURA

 Vivere al di là della paura non significa non provare questa emozione, ma non lasciarsi travolgere da essa. La paura è funzionale alla nostra sopravvivenza: in situazioni di pericolo aumenta il nostro livello attentivo e tutela il nostro benessere psico-fisico.
La comparsa del Covid 19 nella nostra quotidianità ha portato con sè la paura della malattia, facendoci sentire vulnerabili e indifesi. Adottare comportamenti irrazionali dettati dalla paura è stato inevitabile soprattutto all'inizio della pandemia. In una società abituata al controllo  è stato destabilizzante e, sotto certi aspetti, traumatico fronteggiare l'imprevedibilità del virus.
L'immobilità adottata come soluzione contenitiva di fronte agli eventi ha fermato la vita congelandola in una situazione di sopravvivenza in attesa di un nuovo equilibrio impossibile da raggiungere nell'emergenza.
Con il tempo la paura è diventata una compagna abituale compressa nella mascherina che ci portiamo dietro. Per alcuni il peso di questa mascherina è insopportabile, per altri è inesistente, per altri ancora è un rimedio salvavita con cui convivere serenamente per continuare a fare le cose che interessano e piacciono. Tutta questione di equilibrio.
La vita acquisisce significato nel movimento e nella trasformazione: è un viaggio esperienziale che si dispiega per permetterci di crescere e conoscerci meglio. Rinunciare alla vita per paura, scegliendo l'immobilità e la sopravvivenza, annulla il recondito significato del nostro viaggio terreno e ci avvicina a quella morte che tanto ci terrorizza. Il contatto ravvicinato con la malattia e, conseguentemente con la morte, dovrebbe valorizzare la bellezza e l'intensità della vita, non annientarle. 
Una vita che, di punto in bianco, ci appare come una rete di relazioni alla quale non possiamo sottrarci e alla quale dobbiamo rispetto. Quel rispetto che troppo spesso abbiamo dimenticato, in primis nei confronti di noi stessi.
Vivere al di là della paura significa imparare a rispettare la vita, lo spirito che la nutre, il corpo che la contiene, le relazioni che la arricchiscono, le unicità che la colorano.
Vivere al di là della paura significa rispettare la nostra umanità e accoglierne la sua limitatezza.
Vivere al di là della paura significa accettare il dono della trasformazione con amore, accogliendone la bellezza e, insieme, la caducità.


Foto di Tammi Nowack da Pexels

lunedì 24 agosto 2020

LE COSE DA BUTTAR VIA LUNGO IL PERCORSO

 Nella crescita personale non bisogna mai dimenticare le cose da buttar via. Gli atteggiamenti collettivi e l'identificazione con gli altri ostacolano la capacità di riconoscere ciò che è nostro da ciò che non lo è. 
Fare come fanno fanno tutti, parlare come parlano tutti non sempre rispecchia il nostro modo di pensare. Allo stesso modo, ammirare qualcun altro e sforzarsi di essere come quella persona, ci impedisce di diventare noi stessi.
Individuazione significa anche separazione da ciò che non ci appartiene. L'investire tempo ed energia su qualcosa che non è nostro ci allontana da chi siamo.
L'essere noi stessi induce uno stato di tranquillità. La libertà di non dover perseguire un ideale o un'immagine o un comportamento che non faccia parte di noi è profondamente terapeutica per il nostro benessere psico-fisico.
Questa è la forza che ci permette di essere flessibili di fronte agli eventi. 
Indurirsi è un sintomo di debolezza. Le persone si irrigidiscono per paura e tendono a chiudersi. Solidificare il Sè, il nostro centro, non significa irrigidirsi, ma ammorbidire le parti della nostra personalità che si sono congelate; significa scongelare le parti che abbiamo accantonato a seguito di esperienze negative e distruttive vissute durante l'infanzia: i sentimenti, la fiducia, la spontaneità.
La coerenza è sempre interiore e la trasformazione la rispecchia.


mercoledì 12 agosto 2020

I MOMENTI, QUELLI CHE SEMBRANO IMMOBILI

 Vi è mai capitato di vivere periodi in cui vi sembra di correre all'impazzata senza muovervi di un millimetro? Sì, mi riferisco proprio a quei momenti di vita che sembrano immobili: stracarichi di impegni, ma in grado di scatenare in noi la sensazione di non concludere assolutamente nulla.

Come se la nostra energia fosse totalmente esaurita nella corsa. Una corsa improduttiva, fine a se stessa. 

Dopo il lock down è capitato a molti di dover sgrovigliare i sospesi uno dietro l'altro. Sarà che il fermo ci aveva abituati a stare e dopo la fatica iniziale, avevamo iniziato ad apprezzarne il valore. Eppure ad un'analisi oggettiva, prima del Covid correre era parte di noi, eravamo allenati a farlo tanto che non percepivamo il dispendio energetico richiesto al nostro corpo. La ripresa ci ha riportati in carreggiata in corsia di sorpasso e ci ha regalato la consapevolezza del movimento. Per alcuni è stato un sollievo, per altri una fatica. Per tutti una presa di coscienza del proprio modo di vivere. Ognuno di noi ha assaporato i due estremi (apertura e chiusura) a modo suo. Chi ha ritrovato nella fuga all'esterno la sua ancora di salvezza ha probabilmente vissuto l'immobilità con grande difficoltà e allo stesso modo chi ha vissuto con serenità il lock down ha reagito alla ripresa con il fiato corto. C'è anche chi si è arenato per strada, incapace di adattarsi al cambiamento. La paura ha fatto la sua parte.

Mi appare l'immagine del mare, con l'alternarsi delle sue onde e le sue correnti di risacca in continua trasformazione. La bellezza della natura è sempre una grande insegnante e il mare ci mostra come avanzare, ritornare, affrontare gli ostacoli, lasciar andare ciò che non serve più... senza fermarsi mai.

E' solo questione di equilibrio. E di ricerca dell'equilibrio. 

Donatella Coda Zabetta

Foto di Lucas Meneses da Pexels