domenica 31 dicembre 2017

NON SI VEDE BENE CHE COL CUORE

Non si vede bene che con il cuore,
l'essenziale è invisibile agli occhi.

"Il piccolo principe"
A. De Sainte-Exupery


Quando il cuore è cieco, la mente si sostituisce ad esso nell'illusione che non esistano segreti in grado di trascendere la sua capacità di comprensione. 
Capacità di comprensione strettamente individuale, che poggia su schemi di ragionamento personali. Mi piace immaginare la mente come un teleobiettivo molto potente in grado di ingrandire il particolare, ma con un inevitabile appiattimento dei piani (a causa degli effetti della distorsione prospettica). Quello che si vede non è identico a quello che si vedrebbe avvicinandosi al particolare ad occhio nudo poichè il teleobiettivo riduce la profondità del campo visivo.
Se guardo all'altro con il teleobiettivo inevitabilmente ne vedrò un'immagine rimodellata che risulta precisa solo per il mio modo di osservarla:  ad occhio nudo i contorni risulterebbero sfocati e mi scontrerei con l'incapacità di una visione nitida.
E con tutto questo giro di parole dove voglio arrivare? Alla presunzione.
Alla presunzione che caratterizza chi pensa di essere in grado di vedere tutto, di capire tutto. Anche la mia, certo. La mia ricerca è nata dal mio inarrestabile tentativo di comprendere, di approfondire, di andare oltre. Ora sono cosciente di quanto spesso la mia ricerca sia stata sostenuta dalla presunzione.  Il 2017  mi ha assestato così tante legnate per farmelo capire, che nonostante il mio amore sconsiderato per i teleobiettivi, ho dovuto arrendermi al fatto che non tutto può essere visto o compreso. Questa consapevolezza mi ha messo a nudo di fronte al mio cuore: un cuore barricato dietro il teleobiettivo di una mente presuntuosa. Quando ho abbassato il teleobiettivo non è stato facile realizzarlo e allo stesso tempo scoprire il vuoto di cuore e la presunzione celati dietro tutti quegli inarrestabili tentativi di svelare segreti non accessibili. Mi appresto a chiudere quest'anno riponendo il teleobiettivo per guardare meglio il vuoto che la presunzione aveva riempito di significati per renderlo meno gravoso. Un vuoto gigante, strabordante, che di primo acchito mi ha travolto quando dal bordo del precipizio lo osservavo intuendo in esso la fine di qualcosa che è parte di me. Il coraggio di saltarci dentro a piè pari è maturato con il tempo e la pazienza e ha richiesto un vuoto più ampio, di tipo esteriore, che lasciasse spazio al silenzio e all'introspezione. Essere nel vuoto non è così male, mi ripeto continuamente: tutto è possibile, in libertà. Una libertà che sta prendendo forma nella leggerezza del non dover comprendere tutto, nella ricchezza di segreti di ciò che mi circonda, e che allo stesso tempo mi spaventa per la percezione di inutilità che scatena in me e che deve essere disgregata insieme alla presunzione del mio ego. Tra lo stupore e la paura osservo la mia umanità, il mio puntino irrilevante nell'universo, la mia unicità. Ritorna ad essere un puntino, mi sussurra il cuore. 
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante" disse la volpe al Piccolo Principe e nel vuoto accolgo il suo messaggio. E quando tutto intorno sembra vuoto, a specchiare il vuoto dentro di me, un nuovo inizio è alle porte.


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