martedì 24 novembre 2015

LA PRETESA DI UN RICONOSCIMENTO

Cosa sottende la pretesa di un riconoscimento e quando si manifesta?
Spesso incontriamo persone che nutrono pretese da noi e instaurano rapporti monodirezionali. 
Quando mi capita, vivo sempre molto male l'ordine forzato a fare qualcosa. Allora analizzo le motivazioni più profonde che portano le persone ad agire così. 
La prima credo sia l'avarizia della nostra società a elargire riconoscimenti e gratificazioni, soprattutto quando richiedono uno sforzo tangibile da parte nostra. Questo non rende però giustificabile un atteggiamento pretenzioso teso a stimolare un riconoscimento. Questo atteggiamento vela, infatti,  una grande rabbia diretta dalla presunzione. 
Le parole sottese ad esso potrebbero essere: "Io non riconosco il mio valore (in caso contrario non sarei qui a chiederti di riconoscerlo) e pretendo sia tu a farlo al posto mio."
Quando a debita pretesa segue una risposta con il punto interrogativo, la sicurezza del richiedente traballa ed emerge la sua grande insicurezza.
Proprio quella insicurezza generatrice di frustrazione e aggressività che induce chi la prova a sentirsi vittima degli eventi e lo autorizza a reclamare a gran voce i propri diritti, come se fossero stati violati.
A queste persone manca l'umiltà di rimettersi in discussione e guardare alla propria vita con oggettività. 
Se non mi viene mai riconosciuto il mio valore e ho continuamente bisogno di conferme esterne (che non arrivano naturalmente, ma devono essere pretese) per vivere con serenità, molto probabilmente la mia nave sta imbarcando acqua da una falla che mi appartiene e che mi porta a esacerbare le relazioni che instauro con il risultato di ricavarne ulteriore sofferenza.
Pretendere qualcosa da tutti coloro con cui si ha a che fare (che si tratti di affetto, attenzioni, lavoro, o denaro) rinfacciando quanto si è dato e soppensadolo a ogni piè sospinto, porterà a viziare ogni tipo di relazione e a porre le basi per il proprio isolamento. 



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