venerdì 26 marzo 2021

LA LOTTA CON IL MATERASSO: ESSERE RESILIENTI

In quest'ultimo anno ci siamo sempre più irrigiditi: vuoi per il carico emotivo e le preoccupazioni a cui abbiamo dovuto far fronte vuoi per le tensioni accumulate per via della mancanza di movimento.
Io me ne sono accorta iniziando la mia personale lotta contro il materasso. Lo scorso luglio ho iniziato a dormire male, svegliandomi completamente "incriccata". Partivo ad affrontare la giornata da ultracentenaria per tornare gradualmente alla mia età anagrafica nel giro di qualche ora senza capacitarmi di un tale e improvviso cambiamento. La notte riposavo, ma riposavo male.  Così decisi di cambiare il materasso, addebitando ad esso la causa dei miei mali. Non cambiò nulla. 
Pensai di averlo comprato troppo rigido e mi arresi rifugiandomi in mansarda nel letto sfondato dei ragazzi. Rinacqui: la mattina ero pimpante e riposata. Il materasso era accogliente e avvolgente: la sua storia di anni di battaglie giovanili e salti lo aveva reso inoffensivo. Il mio isolarmi in mansarda, sebbene funzionale al riposo, mi apparve come un eremitaggio prematuro e così iniziai a investigare la natura di questo mio bisogno. 
Nel frattempo decisi di prendere un materasso più morbido per tornare alla quotidianità di sempre e questa notte sono tornata a far parte della famiglia. Ho riposato abbastanza bene, ma non benissimo. Comunque nessun "incriccamento mattutino". 
E' stato inevitabile meditare su quanto stavo vivendo.
E' facile rapportarsi all'assenza di ostacoli, soprattutto se ci si è irrigiditi: il materasso della mansarda, nel mio caso, rappresenta il luogo sicuro dove lasciarsi andare; essendo sfondato non oppone alcun tipo di resistenza. 
Il materasso nuovo, al contrario, rivendica il suo diritto di esistere. Un diritto di esistere reale e tangibile. Ecco che il lasciarsi andare implica un lavoro interiore teso ad acquisire la resilienza e la fiducia necessaria ad essere se stessi anche di fronte alla realtà delle cose. 
Resilienza non significa passività, ma capacità di adattamento. 
Nel mio caso l'eremitaggio ha rappresentato una scelta di isolamento protetto, funzionale per un breve periodo, ma disfunzionale a lungo termine. Il mio ritirarmi nel momento dell'abbandono del controllo (il sonno) è stato un estraniarmi da tutta la fatica di questo periodo così sfidante. Ne percepivo la necessità ed è stato utile per qualche settimana: ha agevolato la comprensione di quanto sia importante non abbandonarsi alla passività e quanto una moderata attività fisica (seppur tra le mura domestiche) possa essere efficace nel mantenere quella flessibilità così importante di fronte alle difficoltà. La rigidità del corpo si manifesta durante il sonno rendendo quest'ultimo agitato e poco ristoratore. A influire sulla rigidità sono le tensioni accumulate in tanti mesi di pandemia. La percezione di impotenza e di ineluttabilità che sembra caratterizzare questo momento storico è faticosa da elaborare e il nostro corpo ce lo rimanda con chiarezza. La chiusura di palestre e piscine unitamente all'impossibilità a muoversi liberamente hanno acuito questo disagio. Si dorme poco e male.
Tendiamo a chiuderci e isolarci per proteggerci e nonostante questa scelta sia funzionale per un breve periodo, diventa molto pericolosa se protratta nel tempo in quanto favorisce la nostra passività e affossa la nostra capacità di resilienza. 
La lotta con il materasso si trasforma, quindi, in percorso di consapevolezza. Quando non puoi cambiare quanto sta accadendo intorno a te, cambia te stesso: lavora sulla tua capacità di resilienza e di accettazione.
Cosi come fa Ralph, che riesce a dormire ovunque, anche sulla pietra ;-)



Foto Donatella Coda Zabetta
Ralph

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