Avete notato come risulta sempre più difficile instaurare un dialogo costruttivo con le persone?
C'è un grande bisogno di essere ascoltati, compresi e supportati. Per questa ragione, spesso si tende a riversare un mare di emozioni su chi si mostra ben disposto all'ascolto: più che la ricerca di un supporto oggettivo alla comprensione delle proprie dinamiche, si ricerca nell'altro un appoggio al proprio sfogo emotivo.
Quando l'altro condivide le nostre emozioni (di rabbia, di invidia, di gelosia, di frustrazione ...) ci fa sentire empaticamente accolti e compresi, al contrario quando l'altro specchia semplicemente il nostro disagio emotivo per permetterci di vederlo ed elaborarlo in modo oggettivo, ci sentiamo incompresi ed isolati.
Ragioniamo sull'atteggiamento alla base del dialogo: trattandosi di uno scambio presuppone apertura, accoglienza ed accettazione di sè stessi e dell'altro.
Quando siamo molto coinvolti dalla nostra emotività difficilmente saremo aperti e ricettivi, anzi il dolore provato ci porterà a creare barriere di autodifesa sempre più importanti e ad essere centrati esclusivamente su noi stessi. L'interazione potrà nascere solo nel caso di una condivisione di disagio, ma questo non farà che acuire ancora di più il nostro coinvolgimento emotivo, sebbene supporti l'illusione di essere stati compresi. In quelle condizioni, infatti, non saremo in grado di condividere nè di ascoltare.
Sarà questo il motivo per cui ci sembra di parlare lingue incomprensibili agli altri? O ci sentiamo isolati? O non riusciamo a trovare una lunghezza d'onda comune con chi ci circonda?
Alla base di tutto vi è un profondo egocentrismo, dettato dalla sofferenza, dall'instabilità, dall'insicurezza della realtà attuale. E la convinzione che l'apertura verso l'altro possa incrementare la nostra sofferenza, rendendoci ancora più vulnerabili.
La condivisione sarebbe, invece, l'opportunità migliore per aprire un varco di luce alla fine del tunnel in cui ci sentiamo rinchiusi: ci aiuterebbe a ritrovare l'oggettività necessaria a rivedere il vissuto da una prospettiva diversa, senza identificarci con le nostre emozioni e confinarci nella prigione da noi stessi creata.
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