lunedì 20 novembre 2017

LA SOLITUDINE DELLA LIBERAZIONE


"E' la solitudine della liberazione, del non trovare più la sicurezza confondendosi tra la folla, del non credere più che le regole del gioco siano le leggi di natura. E' per questo che trascendere l'io porta a una grande individualità.
Chi allora vuole seguire questo cammino? La liberazione inizia dal punto in cui l'ansia o la colpa diviene insopportabile, in cui l'individuo sente che non può più sopportare la sua situazione come un io opposto a una società estranea, a un universo in cui il dolore  e la morte lo negano, o ad emozioni negative che lo opprimono. Di solito è del tutto inconsapevole del fatto che la sua angoscia nasce da una contraddizione nelle regole del gioco sociale. Incolpa Dio,  gli altri o anche se stesso, ma nessuno di loro è responsabile. C'è stato semplicemente un errore le cui conseguenze non potevano essere previste da nessuno, un passo falso nell'adattamento biologico che, forse, all'inizio sembrava essere molto promettente. ...
E' così che l'io viene isolato come l'entità statica responsabile dell'azione, e da questo errore ha inizio il problema.
Nella ricerca della liberazione da questo problema l'individuo va dal guru o dallo psicoterapeuta con domande di questo tipo: "Come posso (io) sfuggire alla nascita-e-morte (samsara)?". "Cosa devo fare (io) per salvarmi?". "Come posso (io) smettere di bere troppo?" "Come posso uscire (io) da queste depressioni estreme?". "Ho paura di avere il cancro: come posso (io) smettere di preoccuparmi?". Tutte queste domande considerano reale la stessa illusione che costituisce il vero problema, ma cosa può fare il guru o terapeuta? Non può dire:"La smetta di preoccuparsi", perchè l'io non è in controllo, e proprio questo sembra essere il problema. Non può dire:"Accetti le sue paure", senza intendere che l'io sia un agente reale che può accettare attivamente. Non può dire: "Non c'è nulla da fare", senza dare l'impressione che l'io sia la vittima indifesa del destino. Non può dire:"Il suo problema è che pensa di essere un io" perchè chi pone la domanda sente in buona fede di esserlo, e se ha qualche dubbio si rifarà avanti con la domanda: "E allora come posso smettere di pensarlo?". Non si può dare una risposta diretta ad una domanda irrazionale, e questo è il motivo per cui un maestro Zen rispose, senza essere nemmeno lui di grande aiuto: "Quando saprai la risposta non farai la domanda!".


Mandala cosmico Rajastan XVIII°sec

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