mercoledì 28 gennaio 2015

UN MONDO VIRTUALE

Ogni giorno viviamo gran parte del nostro tempo in un mondo virtuale: materialmente, quando viaggiamo in rete, psicologicamente, quando i pensieri catturano la nostra attenzione. 
Ci stacchiamo dal virtuale per immergerci nel qui e ora molto raramente: anche quando ci dedichiamo ad attività pratiche, che coinvolgendo il corpo richiedono la nostra presenza, difficilmente riusciamo a staccare la mente. 
Viviamo la vita proiettati nel futuro o immersi nei ricordi del passato. E ci perdiamo il presente, per poi riviverlo come passato. 
Viviamo la vita in una sorta di "morte apparente" e allo stesso tempo abbiamo paura di morire.
La contraddizione dei nostri tempi. Siamo immobili nel presente, ma frenetici nel virtuale.
E soffriamo, siamo stanchi, spesso frustrati e arrabbiati. La gioia questa sconosciuta.
La gioia è vita in movimento, è percezione del proprio corpo. 
Il corpo stesso ci rimanda la nostra immobilità e il malessere da essa generato: spalle contratte, cervicalgie, lombosciatalgie, mal di schiena, tensioni e rigidità. 
E come prendiamo questi segnali nel nostro mondo virtuale? Percependo il corpo come un ostacolo e intensificando il nostro movimento virtuale in un inconscio tentativo verso il benessere.
Il fermarsi ci riporta a bomba alla nostra "morte" e riempiamo così ogni singolo spazio della nostra giornata inseguendo "priorità" indispensabili e inderogabili per sentirci vivi.
Fino al punto in cui il nostro corpo ne ha piene le tasche di noi e ci abbatte facendoci sentire distrutti. 
Il corpo ci ama più di quanto noi stessi ci amiamo. Prospettiva inquietante. 
Il corpo ci riporta di forza a casa, ma non chiude la porta e ci lascia liberi di scegliere se restare svegli o addormentarci nuovamente nel nostro mondo virtuale.





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