domenica 18 ottobre 2015

PERDERE IL CONTROLLO

Quando la perdita di controllo crea un disagio sproporzionato in relazione alla situazione scatenante, evidenzia sempre un dolore con radici profonde, spesso legato a doppia mandata ad un'invasione del proprio spazio vitale talmente grave da inficiare il benessere personale. La perdita di controllo acquisisce, quindi, contorni ingigantiti dal trauma subito, facendo riemergere una percezione di pericolo e attivando, conseguentemente, una "re-azione" rigida e controllata. Il lasciarsi andare diviene, in queste condizioni, un'azione consapevole che deve maturare attraverso un'elaborazione personale che richiede tempo e pazienza. L'automatismo della reazione è, infatti, reso ancora più solido dall'esigenza inconscia tendente alla sopravvivenza, per cui è necessario un grande lavoro a scioglierne la dinamica. 
Forse un esempio pratico, può chiarire meglio le parole.
Immaginiamo una persona che abbia subito violenza sessuale (e che magari ha rimosso l'evento o ha cercato di dimenticarlo per autodifesa) e sarà facile intuire quanto un trauma di questo tipo abbia il potere di condizionare l'intera vita di quella persona,  che apparirà rigida e controllata oltre misura, dura e distaccata. Di primo acchito una persona molto forte, determinata, sicura di sè; una persona tendenzialmente aggressiva, più o meno velatamente, per difendersi; una persona che con il tempo ha imparato a bastare a se stessa, ha perso fiducia nel prossimo, è diventata diffidente: la corazza indossata per protezione è spesso fraintesa da uno sguardo superificiale. 
Tratteggiato il ritratto della persona in questione, immaginiamo viva una banale situazione di perdita di controllo in cui viene leso il suo spazio vitale. Una discussione in famiglia per il disordine dei figli, una parola del partner più critica del solito, un'amicizia pretenziosa... tutte questioni all'ordine del giorno e oggettivamente gestibili con un bel respiro ed un sano lasciar andare. Ma immaginiamo empaticamente di trovarci nei panni di quella persona in cui l'esigenza di controllo è fortemente legata alla sopravvivenza. Come reagirà? Molto probabilmente irrigidendosi e con aggressività, percependosi nuovamente vittima degli eventi e sovrastata dagli stessi. La rabbia dirigerà la reazione che avrà dimensioni sproporzionate. Chi gli è accanto la definirà aggressiva, intollerante e inflessibile, acuendo ancor di più la sua corazza di ghiaccio. Il fuoco di dolore che divampa all'interno di quella corazza di ghiaccio è invisibile agli altri, ma questo non lo rende meno distruttivo. 
Immaginiamo ora che questa persona divenga consapevole di questa sua dinamica. Il primo passo teso a scioglierla sarà quello di focalizzare l'attenzione sul presente, onde donare oggettività alle situazioni. All'inizio non sarà affatto facile, ma con la pratica imparerà. Questo passaggio permetterà, poco per volta, di aumentare l'intervallo di tempo prima della reazione. E allo stesso modo, poco per volta, la porterà a poter scegliere tra reazione e azione consapevole, aprendo le porte all'elaborazione del trauma. Il processo richiederà tempo, pazienza e flessibilità.
Quali saranno gli ostacoli in grado di rendere il lavoro di autoanalisi più complicato? Certamente la quotidianità con i suoi mille impulsi e la relazione con gli altri. Si tratterà, infatti, per quella persona, di lasciar emergere la propria grande vulnerabilità e accettarla. Dimostrarsi vulnerabili, quando si è sempre data l'immagine di iceberg non scalfibili è un'arma a doppio taglio perchè aggiunge alla difficoltà dell'accoglienza della propria vunerabilità (già di per sè faticosissima), la sfida di essere affondati dal comportamento dell'altro (che non filtra nè parole nè azioni sapendo di aver a che fare con Jeeg robot d'acciaio). 
Sono sempre dell'idea che le prove non siano mai superiori alle nostre forze e che, chi si è trovato a vivere un percorso di questo genere e lo ha scelto (come spirito prima dell'incarnazione, ovviamente), abbia la forza interiore necessaria a scardinare anche gli automatismi più ostici, per imparare a fidarsi nuovamente e lasciarsi andare al flusso della vita, senza rigidità a controbilanciare i cambiamenti.
Oggi ho esagerato con le parole. Siate flessibili ;-)





2 commenti:

  1. La tua "crociata" è indubbiamente benemerita ma a mio parere fino a quando quel "qualcuno" non pagherà il debito temo che non si potrà realizzare quanto tu auspichi. Vero è che la vita continua e deve continuare per cui la vittima "deve" alzare gli scudi nel modo più appropriato fino a dimenticare, se possibile, lo sgarbo subito ma esso rimarrà sempre lì a covare, perdonare è appannaggio del Divino, non facciamoci illusioni. Per Lui è facile per suo motu proprio, per noi no.

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    1. Amo le crociate da sempre, che vuoi brezza, continuerò imperterrita a credere che l'amore per se stessi sia più forte dell'odio per gli altri. Illusione o consapevolezza? Chissà. Luminosa domenica! ;-)

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